(di Sarah Martinenghi, La Repubblica) Sei ore di camera di consiglio per arrivare al verdetto più duro, l’ergastolo: Mohssine Azar, 33 anni di origine marocchina, ha lanciato la piccola Fatima, che aveva solo tre anni, giù dal balcone del quinto piano. di via Milano L’ha fatto con rabbia e spregio. Era completamente ubriaco e sotto l’effetto degli stupefacenti, la sera del 13 gennaio 2022. Per i giudici è stato un omicidio, non un incidente. Nessun gioco del “vola vola” finito in tragedia come aveva provato a giustificarsi il patrigno della bimba. La Corte d’Assise, presieduta dalla giudice Allessandra Salvadori, ha però escluso l’aggravante della crudeltà, è rimasta quella dei futili motivi.
E a sentire pronunciare la parola ergastolo, la madre di Fatima, Lucia Chinelli, è crollata in un lungo pianto. Poi ha abbracciato la sua avvocata Silvia Lorenzino: «È stata fatta giustizia per la mia bambina anche se nessuno me la ridarà indietro, ora può riposare in pace. È stata durissima stare qui, vederlo in faccia e percepire che a lui non importava nulla. Io ho sopportato, l’ho fatto solo per lei, anche se lei non tornerà più» ha commentato.
«Voglio rendere onore al grande coraggio della mia cliente — ha detto l’avvocata Lorenzino — Voglio ricordare Fatima: una bambina solare, simpatica e socievole che non meritava tutto questo». «La madre è stata messa a dura prova non solo per il grave lutto che ha subito ma anche per il fatto che da parte dell’imputato è stata un po’ processata anche le. Sono contenta che sia stata ritenuta credibile, che la sua versione abbia retto.. È una donna dolce, semplice che ha sempre detto la verità — ha aggiunto l’avvocata — all’inizio aveva paura di parlare e di fare del male a qualcuno. Poi quando ha visto che la sua bambina non c’era più ha capito che doveva parlare». «Sono amareggiato e aspetto di leggere le motivazioni per fare appello» è stato invece il commento dell’avvocato Alessandro Sena, difensore di Azar.