(di Romina Marceca, La Repubblica) Tommaso Ascenzi sta meglio, è riuscito a parlare dopo lo sparo allo stomaco. È cosciente, ha incontrato i genitori: «Se non avessi avuto quello scatto d’ira non sarebbe successo tutto questo, mi sento in colpa. Ma la verità è che non ho aggredito nessuno, mi sono affacciato sul corridoio e quell’agente non ha nemmeno gridato polizia». Tommaso, titolare di un bar, 33 anni, è rimasto vittima di un colpo di pistola da parte della polizia la sera del 9 agosto in casa sua, è vivo perché il proiettile ha schivato l’arteria femorale. È stato scambiato per un ladro. «C’è stata una perquisizione in casa di mio figlio, l’appartamento è in parte a soqquadro. I poliziotti sono rimasti per due giorni davanti il reparto dove è ricoverato. Non capisco il perché», spiega Pierluigi Ascenzi, il papà.
Gli agenti del commissariato Romanina erano arrivati per la segnalazione di un probabile furto in atto da parte dei vicini. Tommaso Ascenzi, quella sera, per motivi personali si era adirato e aveva reagito creando trambusto in casa mentre era solo. Quei rumori hanno insospettito i vicini che, visto il periodo di vacanze, hanno deciso di chiamare il 112. «Ho sentito un colpo forte alla porta, ero a letto», è il racconto di Tommaso ai suoi genitori. «Mi sono trovato davanti questi signori. Non ho avuto il tempo di parlare, ho fatto due forse tre passi. E mi hanno sparato», è la ricostruzione del ristoratore.
Attimi concitati, nella casa è stato il caos. «Ma perché mi hai sparato?», è quanto è riuscito a dire Tommaso Ascenzi. «Stiamo cercando un ladro», la risposta dell’agente. Il collega accanto ha subito detto: «Ma che cavolo hai fatto?». E il vicino, che aveva accompagnato i poliziotti davanti all’appartamento ha subito chiarito: «Ma quello è il proprietario».
Tutte queste frasi sono in un audio che è già in mano alla procura di Roma che ha indagato per lesioni personali il poliziotto. La questura ha preso un primo provvedimento spostando di incarico l’agente che è in polizia dal 2019. «In quell’audio registrato dal sistema installato in casa per vigilare a distanza il cane di mio figlio, non si sente alcuna frase pronunciata da parte della polizia. L’ho ascoltato più volte — assicura Pierluigi Ascenzi, avvocato — Mio figlio, poi, indossava un pantaloncino e una maglietta. Non mi sembra proprio l’abbigliamento di un ladro. E c’era la luce che filtrava dal salone, la casa non era completamente al buio. Mi chiedo chi ha dato in mano a quel poliziotto la pistola. La perquisizione è stata un colpo allo stomaco. Cosa cercavano?».
Tommaso Ascenzi, secondo quanto racconta il padre, è anche uscito di casa sua con le proprie gambe. «La barella era sotto casa e quel proiettile ha evitato la vescica di mezzo centimetro. E se avesse avuto una emorragia?», si chiede il genitore. L’appartamento è già stato dissequestrato, i vestiti di Ascenzi sono in mano alla polizia. «Nessuno è venuto a trovarci o a chiederci scusa. Noi abbiamo grande rispetto per le istituzioni ma vorrei parlare con il funzionario del commissariato per complimentarmi della splendida operazione e del sostegno che non ci hanno dato», sono le parole di sconforto del padre di Tommaso Ascenzi. La procura ha disposto una perizia per chiarire la dinamica dei fatti, la famiglia si è affidata a due studi di avvocati. La questura ha già trasmesso anche la relazione che i poliziotti hanno redatto quella sera.