Pubblicato il: 20/08/2023 alle 17:12
Il caso di Vera Schiopu, la ragazza moldava di 25 anni trovata impiccata in una casa di campagna in contrada Sferro tra i Comuni di Ramacca e Paternò, ricorda molto da vicino quello di Valentina Salamone, la 19enne trovata morta con una corda intorno al collo il 24 luglio del 2010 in un casolare ad Adrano e per il cui omicidio è stato definitivamente condannato all’ergastolo Nicola Mancuso, 36 anni, sposato, che aveva una relazione con la vittima.
Anche nel caso di Valentina Salamone fu simulato un suicidio, tanto che per la sua morte in un primo momento era stata chiesta l’archiviazione, ma la Procura generale di Catania aveva avocato a sé l’inchiesta dopo le perizia dei carabinieri del Ris che ritennero di avere trovato tracce di sangue dell’uomo sotto le scarpe della giovane. E alla fine, dopo 12 anni di indagini e processi, Valentina e la sua famiglia hanno avuto giustizia.
La scena del crimine
Oltre alla simulazione del suicidio, i due femminicidi hanno in comune la scena del crimine, un casolare di campagna, dove oggi come allora si concentrano le indagini scientifiche per ricostruire la vicenda. Gli esperti del Ris sono già al lavoro per trovare riscontri, tracce, impronte. Vera Schiopu potrebbe essere stata strangolata prima di essere appesa, già morta, a un cappio legato a una trave del casolare dove è stata rinvenuta cadavere.
Il complice
Nel caso di Vera però oltre all’autore materiale del delitto, che sarebbe il fidanzato rumeno che lavorava come manovale nella zona, è stata fermato anche il presunto complice, un amico d’infanzia del compagno della vittima. Nel caso di Valentina invece non è mai stato incriminato nessun altro all’infuori di Mancuso sebbene fu identificato un secondo Dna sul luogo del delitto. Era il Dna di un altro uomo. E oggi si pensa che ci sia ancora un assassino in libertà. Stavolta invece i carabinieri pensano di aver fermato subito i due responsabili della morte di Vera. E secondo quanto hanno potuto finora ricostruire, gli investigatori hanno il forte sospetto che quella del suicidio della donna sia stata una messa in scena per nascondere l’omicidio.
La chiamata al 112
A dare l’allarme ai carabinieri dicendo che la sua Vera si era tolta la vita è stato proprio il compagno della vittima che poi ha condotto le forze dell’ordine sul luogo del presunto suicidio. Il racconto del manovale romeno e quello del suo amico e connazionale però sono apparsi subito incongruenti ai carabinieri della compagnia di Palagonia che hanno avviato le indagini. E pare che anche la scena del delitto presentava particolari che lasciavano sospettare una messinscena. E ora i due sono stati fermati dalla Procura diCaltagirone.
Massimo riserbo
I due uomini sono accusati di concorso in omicidio, ma poco trapela sull’inchiesta per il massimo riserbo imposto dalla Procura di Caltagirone sul caso. Non è ancora chiaro il ruolo contestato a ciascuno degli indagati e quale siano i particolari che abbiano indotto i carabinieri a ritenere il suicidio della donna una simulazione per coprire un delitto. Da quello che trapela sembra che a fare nascere dei dubbi agli investigatori siano stati più elementi: la dinamica del suicidio, i rilievi scientifici compiuti dai carabinieri e alcuni elementi nelle testimonianze dei due indagati.
Il giallo del movente
Della vittima si sa poco: non è stato ancora chiarita la sua presenza nelle campagne di Ramacca fosse legata a motivi di lavoro. Scarse le testimonianze esterne perché la zona è isolata, in aperta campagna, e non sono emersi rapporti personali con altre persone nell’area. Non risultano precedenti denunce o segnalazioni di liti tra la donna e il suo fidanzato che pare vivessero in questo casolare nella Piana di Catania. Particolari che rendono al momento la presunta simulazione del suicidio un giallo, almeno per il movente.Da quanto emerge dai loro social network, sembra che Vera e il suo fidanzato vivessero una bella storia coppia, ogni tanto postavano storie di gite al mare, di incontri con gli amici, di passeggiate con auto, ma anche soprattutto dichiarazioni d’amore reciproco. E’ per questo che forse potrebbe esserci ancora una volta la gelosia dietro l’ennesimo femminicidio.