(di Maria Giovanna Faiella, Corriere della Sera) Ritmi di nuovo frenetici, centinaia – se non migliaia – di email da leggere, recupero degli arretrati: il ritorno alla routine del lavoro dopo le ferie, periodo di svago e relax senza orari da rispettare, può provocare ansia e una sensazione di «stress». In generale è una condizione di stress fisiologica di cui non preoccuparsi, quindi fatica e disagi causati dal rientro al lavoro si superano entro pochi giorni, a meno che non si svolga un‘attività lavorativa che proprio non piace che si è costretti a fare.
Ritmi diversi (e nessun trauma), In vacanza i ritmi della vita si modificano, quindi al rientro occorre ritornare a quelli precedenti: nulla di nuovo perché, in generale, siamo abituati a questi ritmi diversi, per cui il nostro organismo è in grado di adattarsi senza un eccessivo stress, come spiega la psicologa Simona Cabib, ordinaria di psicobiologia all’Università La Sapienza di Roma: «Gli eventi più stressanti sono quelli inattesi, quando ci sono cambiamenti imprevedibili, in quanto richiedono di apprendere un nuovo modo . Ritornare al lavoro fa parte dei ritmi, ai quali ci siamo ormai adattati. Questo è : dobbiamo semplicemente r, che conosciamo e abbiamo saldamente stabilito nella nostra vita. E . Non ci sarà nessun trauma perché è un’esperienza che abbiamo già superato molte volte».
Se il lavoro non piace. Agli inizi occorre un po’ di tempo per ritrovare il ritmo precedente che, però, conosciamo perfettamente: infatti, il nostro fisico e la nostra psiche sono cresciuti in quel contesto, quindi non c’è un cambiamento improvviso. Si tratta di rimettersi in contatto con se stessi e riprendere il rapporto che avevamo col lavoro». Svolgere un’attività lavorativa che piace o, invece, detestarla può fare la differenza. «Se anche prima delle ferie si aveva un rapporto pessimo col proprio lavoro (e/o il contesto), allora sì che la situazione è pesante e conflittuale: non perché si rientra dalle vacanze ma perché, per un periodo, si è stati fuori da un contesto vissuto in modo negativo».
La fatica non è pericolosa. Spesso usiamo la parola stress con un’accezione negativa, ma non sempre è così. La fatica per adattarci a nuove situazioni è un meccanismo naturale, come sottolinea la psicologa: «Lo sforzo non è mai un pericolo poiché è un lavoro di adattamento all’ambiente che cambia continuamente e cambia anche in maniera parzialmente imprevedibile. Abbiamo gli strumenti per farlo e non dobbiamo avere paura. Possiamo sentirci molto affaticati, sotto pressione: può essere fastidioso ma non va considerato un rischio; è quello che tutti gli organismi viventi affrontano: richiede uno sforzo – perché non è mai facile – ma, la condizione di stress, quando viene superata, è positiva perché ci permette di avere strumenti in più per affrontare altri eventi difficili, imprevisti. Non bisogna proteggersi dallo stress ma imparare a gestirlo, anche con un supporto psicologico se necessario».
Due tipi di stress. Quando lo stress deve preoccupare? Spiega l’esperta: «Ci sono due diversi tipi di stress il primo è dovuto a un cambiamento inatteso e radicale, come la perdita di una persona cara o del lavoro, oppure doversi trasferire altrove. Bisogna cambiare se stessi per adattarsi, e questo richiede uno sforzo imponente da parte dell’organismo. In genere, abbiamo degli strumenti psicologici e fisiologici per affrontare la situazione — sottolinea la professoressa Cabib —. L’altro tipo di stress, molto pericoloso, è una condizione cronica di stress, cioè una situazione evitabile che non siamo in grado di gestire, e percepiamo questa nostra incapacità. In questo caso si parla di una condizione di stress potenzialmente patogena.