(di Nina Fabrizio, Ansa) "Certamente lui non era praticante però evidentemente le condanne della mafia da parte della Chiesa, lo hanno toccato": la vicenda di Matteo Messina Denaro che non ha voluto funerali religiosi e che ha addirittura accusato la Chiesa di essere "corrotta" per le scomuniche ai mafiosi, "in realtà dimostra che questi stessi si sentono esclusi dalla comunità ecclesiale e in qualche modo anche da quella civile, il fatto che abbia reagito così su don Puglisi fa capire che anche questi super boss pensano che alla fine la Chiesa eserciti un certo influsso sulla opinione pubblica, e questo in qualche modo gli fa male". Commenta così con l'ANSA, monsignor Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale e da sempre schierato sul fronte dell'antimafia, le rivelazioni sulle ultime volontà del boss latitante per 30 anni e le sue affermazioni in cui sostiene che "se Dio esiste allora è certo che non mi ha scomunicato, proprio perchè è Dio. Mi hanno scomunicato gli uomini che dicono di rappresentarlo".
"Certamente – spiega mons. Pennisi – lui aveva una concezione personale della religione, diciamo fai da te, e così si era già autoscomunicato non riconoscendo che la Chiesa ha la rappresentanza di Cristo in terra. Per quanto riguarda il funerale, a meno che i parenti non insistano, e non mi pare il caso, credo che come in precedenti analoghi, come quello di Totò Riina, si faccia solo una preghiera al cimitero, sempre se i parenti vogliono. Se invece lui ha lasciato la volontà di non ricevere nessuna esequia religiosa, va rispettata". "Sulla scomunica – continua l'arcivescovo che era stato scelto da papa Francesco anche come componente di un gruppo di lavoro nell'ambito del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale che ha studiato una possibile applicazione della scomunica ai mafiosi ribadita da papa Francesco dopo quella di Giovanni Paolo II alla Valle dei Templi – vorrei ricordare che è un provvedimento della Chiesa di carattere medicinale, per far capire la gravità di azioni come quella di aver ordinato assassinii. Poi, il rapporto con Dio è personale, se lo vede lui con la sua coscienza, non sappiamo negli ultimi momenti della vita che cosa possa essere passato per la sua testa".
"Non mi permetto di giudicare – aggiunge quindi – davanti a un morto ci sono sempre rispetto e silenzio ma la sua idea di Dio e della Chiesa non corrisponde all'idea della Chiesa cattolica di Dio che si manifesta attraverso la storia e ha dato il potere di assolvere e non assolvere. Io anche per primo pregherò per lui, ma sarà il Signore a giudicarlo". "Non sappiamo – conclude – se abbia incontrato qualche cappellano in carcere, di certo però da lui non è emerso nessun pentimento, nè giudiziario, nè religioso, nè ha chiesto perdono alle sue vittime che meritano giustizia". (ANSA).