(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Otto le condanne che aleggiano per uno smottamento. Che, secondo la tesi accusatoria, sarebbe stato figlio della mancata stabilizzazione di quell’area su cui poi, in via Guastaferro, è sorto un grande stabile per uso abitativo. A chiedere le affermazioni di responsabilità è stata la procura nei confronti dei nove imputati – tra dirigenti comunali, imprenditori e tecnici – che oltre sei anni fa sono finiti al centro di un’inchiesta. E quel dossier, poi, ha pure fatto scattare il sequestro preventivo, per rischio frane, di un'area che si affaccia su via Guastaferro. A ridosso dello stabile sorto in quell’area e i cui lavori, per l’accusa, ne avrebbero causato il cedimento di un’area per la mancata realizzazione di alcune opere, a cominciare da una palificazione.
Il pm Simona Russo ha chiesto al tribunale la condanna a 2 anni, 9 mesi e 13,500 euro di multa – passando per il non doversi procedere per prescrizione di un ulteriore capo d’imputazione – nei confronti dell’imprenditore cinquantaduenne Federico Fabio Turchio, amministratore della «Turchio costruzioni srl» che ha realizzato il palazzo in questione; un anno di reclusione è stato proposto per l’ex dirigente della direzione urbanistica del comune, l’ottantaduenne Giuseppe Colajanni; Giuseppe Tomasella dirigente dell’Ufficio tecnico di palazzo del Carmine rischia otto mesi; pena pecuniaria di 8 mila euro ciascuno per i due direttori dei lavoro, Calogero e Giovanna Marcese, rispettivamente settantatreenne e quarantacinquenne; l’ex dirigente della direzione urbanistica, pianificazione, Suap, sviluppo economico del comune, il settantunenne Armando Amico sul quale pende una richiesta di 3 anni e 6 mesi di reclusione; stessa proposta di 3 anni e mezzo avanzata anche nei confronti del settantatreenne tecnico comunale Alfonsino Ciringione, mentre per la responsabile del servizio di protezione civile del comune, la sessantaseienne Giuseppa Patrizia Lacagnina sono sati chiesti un anno e sei di reclusione.
Chiude il quadro il collaudatore dei lavori, il sessantaseienne Stefano Antonio Alletto, la cui contestazione a carico è ormai prescritta. I nove (difesi dagli avvocati Raffaele e Riccardo Palermo, Giuseppe Panepinto, Giacomo Vitello, Michele Micalizzi, Walter Tesauro, Giuseppe Ferraro, Umberto Ilardo, Giovanni Salsano e Graziella Sferrazza) sono accusati, a vario titolo e in concorso, di disastro colposo, omissione di lavori di messa in sicurezza di edifici o costruzioni, omessa denuncia di variante dei lavori, esecuzione di lavori non autorizzati dal Genio civile, omissione di atti d’ufficio e falsità ideologica commessa pure in atti pubblici. Nei loro confronti gli ex proprietari del terreno e delle due ville adesso messe a rischio dalla frana, Melchiorre Vivaldi Roccazzella e Addolorata Bellomo (assistiti dall’avvocato Giacomo Butera) sono parti civili.
Il processo è stato rinviato adesso dal tribunale al marzo del prossimo anno per gli interventi della difesa. E, partendo dai tempi così dilatati per il rinvio, il legale di parte civile ha centrato il focus su uno dei temi della giustizia nissena sollevati da tempo. «È francamente incomprensibile- ha osservato l’avvocato Giacomo Butera – come non si sia ancora istituita a Caltanissetta una seconda sezione del tribunale penale collegiale. Siamo da troppo tempo in presenza di programmazioni molto congestionate che, nonostante ogni sforzo, oggettivamente impediscono la trattazione di tutti i processi fissati nella stessa udienza e che costringono utenza, testimoni, cancellieri , avvocati e gli stessi magistrati, a vere e proprie maratone , destinate spesso a chiudersi in orari preserali . Anche il lungo rinvio disposto per il processo di via Guastaferro- ha concluso – è la conferma di un andamento che finisce inevitabilmente per stravolgere i tempi ragionevoli di attesa di chiunque , ed in qualsiasi veste , abbia aspettative concrete di giustizia».