(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Per anni le avrebbe reso la vita un inferno. Picchiandola pure quando stringeva la figlioletta in braccio. Botte, umiliazioni, epiteti più che mortificanti e anche sputi in faccia. Fino a quando lei, dopo anni da incubo, come li ha descritti, ha deciso di dire basta e di denunciare. E, adesso , il «marito violento», come questa prima sentenza lo ha riconosciuto, è stato condannato. In realtà, passando per l’intesa con la procura, in particolare il pm Paolo Carmelo Lo Giudice, ha patteggiato la pena con il gup Emanuele Carrabotta.
Così per il trentaduenne, Giuseppe F. (del quale si omettono volontariamente le generalità a tutela della parte offesa e della minorenne) che ne è uscito con la condanna a 2 anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate. Tra le pieghe del pronunciamento il giudice ha anche revocato il divieto di avvicinamento alla donna, che gli era stato imposto nel momento in cui era scattata la misura cautelare. E, in più, dal tribunale per i minorenni, sono stati pure autorizzati i colloqui con la figlia.
È nel periodo compreso tra il 2019 e il 9 novembre dello scorso anno, poi è stata presentata la denuncia, che la donna avrebbe vissuto anni di violenza, oppressione e d’angoscia. Questo, almeno, è quanto è emerso tra le righe del suo racconto e che è stato poi alla base del teorema accusatorio. Proprio quel giorno, la donna, a causa di un violento calcio, ha riportato una frattura all’avambraccio. E l’indomani, trovando il coraggio che fino a quel momento le era mancato, si è presentata in caserma per denunciare ai carabinieri la sua dolorosa storia. Fatta di anni bui e di paura. Sì perché ha poi riferito ai militari di essere stata spesso presa a botte dal suo compagno (assistito dall’avvocato Giuseppe Panepinto), ma di non avere mai denunciato prima per paura di sue reazioni ancor più violente.
Di calci e pugni ne avrebbe incassati a iosa. E non di rado, tirandola per i capelli, l’avrebbe pure sbattuta violentemente al muro. Poi, apostrofandola pesantemente, con quanto di peggio si possa offendere una donna, l’avrebbe umiliata anche davanti la figlioletta. Pure sputandole in faccia. Ma nonostante tutto lei, alla fine, ha scelto di non costituirsi parte civile nei confronti dell’ex compagno. Proprio dalla sua denuncia, nel novembre dello scorso anno, l’imputato è stato arrestato su ordinanza di custodia cautelare, finendo ai domiciliari con il braccialetto elettronico. Poi è tornato libero, ma con il divieto di avvicinamento a lei. Misura che, adesso, con la sentenza di condanna, è stata revocata.