(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Intascò un acconto in contanti per un lavoro e poi avrebbe preteso il pagamento dell’intera cifra, come se quell’anticipo non fosse mai stato pagato. Con tanto di lettera di messa in mora e successivo decreto ingiuntivo del giudice di pace. Questa la tesi accusatoria che ha fatto finire un artigiano in giudizio per tentata truffa. Ma alla fine è stato emesso dal giudice un verdetto di non luogo a procedere perché la parte offesa ha ritirato la querela. Così si è chiuso il processo a carico di un 49enne trascinato in giudizio dal settantasettenne Leonardo Di Francesco (assistito dall’avvocato Michele Micalizzi) che si è costituito nel giudizio contro l’altro.
La stessa parte offesa aveva incaricato l’artigiano (assistito dall’avvocato Giuseppe Panepinto) di effettuare alcuni lavori idraulici in un immobile nel Palermitano, a Campofelice di Roccella in particolare. Tra i due sarebbe stata pattuita una cifra di 4.800 euro. Ma presto il titolare dell’impresa – secondo la ricostruzione accusatoria – avrebbe preteso dall’altro la metà dell’importo, 2.400 euro in denaro contante, pur senza rilasciare alcun documento fiscale.
Successivamente la situazione si sarebbe complicata fino a quando il proprietario dell’appartamento in cui erano stati eseguiti i lavori, si sarebbe visto recapitare una lettera di messa in mora attraverso cui gli veniva chiesto il pagamento dell’intero importo, come se l’acconto non fosse mai stato versato. Ma non è finita qui. Perché lo stesso imprenditore, presentando una fattura di 4.800 datata 6 dicembre 2021, avrebbe chiesto e ottenuto dal giudice di pace il decreto ingiuntivo emesso il primo febbraio dello scorso anno a carico della controparte. Poi è scattata la querela che, alla fine, ha dato vita a un processo a carico del titolare dell’impresa per l’ipotesi di tentata truffa. Ma la remissione di querela, a processo in corso, almeno dal punto di vista penale ha chiuso la parentesi.