(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Chi risponde e chi no. Limitandosi solo a lapidarie dichiarazioni spontanee per respingere le accuse. Con le loro due audizioni, i soli non finiti in carcere ma ai domiciliari, s’è chiuso il ciclo d’interrogatori per l’operazione antidroga dei carabinieri che, nei giorni scorsi, ha fatto scattare dieci arresti – altri due sono ancora irreperibili – per un sospetto maxi traffico di stupefacenti nel Riesino. Cocaina, hashish e marijuana le sostanze che avrebbero trafficato.
Non ha taciuto ma, anzi, s’è difeso il trentunenne Pietro Patermo (assistito dall’avvocato Carmelo Terranova) tirato in ballo per l’ipotesi di spaccio. A lui è stato ricondotto l’acquisto di un chilo di marijuana. E questo è un aspetto che ha ammesso. Di contro ha seccamente smentito un altro passaggio dell’ordinanza in cui si fa riferimento a un suo debito di 8 mila euro con la presunta rete organizzata di trafficanti, sempre per questioni di droga. E uno dei presunti capi dello stesso gruppo, Carmelo «Carlo» Giordano, ne avrebbe reclamato il pagamento. Aspetto, questo, emerso tra le pieghe di una intercettazione raccolta dai carabinieri durante le indagini.
È la via del silenzio, invece, che ha scelto quarantanovenne Maria Rosa Marino (assistita dall’avvocato Giovanni Pace) che s’è limitata a brevi dichiarazioni spontanee per disconoscere le contestazioni che le sono state mosse. Lei, madre dello stesso Carmelo Giordano, è stata ritenuta pedina della presunta associazione. E si sarebbe preoccupata di recuperare la “roba” dai nascondigli per consegnarla agli altri componenti del gruppo. Prima di loro gli altri otto coinvolti nel blitz, accusati a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di droga, spaccio, tentata estorsione, estorsione e detenzione illegale di un’arma, hanno fatto quasi tutti scena muta al momento dell’interrogatorio di garanzia.