(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Sconto di pena solo per la moglie del boss di Riesi. Per il resto nulla è mutato. Così al processo d’appello a carico del capomafia e della sua famiglia di sangue che, secondo l’impianto accusatorio, avrebbero taglieggiato un impresario pure lui riesino. Vicenda finita al centro di un’indagine dei carabinieri. Riduzione di pena, passando per un concordato con la concessione delle attenuanti generiche, per la sessantaduenne Maria Sciacchitano che ha adesso ha raggiunto l’intesa per una condanna a 5 anni e 4 mesi di carcere, oltre a 1.500 euro di multa, a fronte dei precedenti otto anni e 2 mila euro di multa.
Per il resto nulla è mutato. Tutto come nel primo passaggio in aula quando sono stati inflitti 12 anni e 12mila euro di multa al boss sessantaduenne Francesco Cammarata, ai figli Teresa e Giuseppe Cammarata – trentaquattrenne lei, ventisettenne lui – e al cinquantanovenne Giuseppe Montedoro 6 anni, 8 mesi e 1.600 di multa a testa e, chiude il quadro, il quarantunenne Orazio Migliore con 8 anni e 2 mila euro di multa (assistiti dagli avvocati Sergio Iacona, Giovanni Maggio e Flavio Sinatra). Questo il verdetto emesso dalla corte d’Appello presieduta da Maria Carmela Giannazzo (consiglieri Alessandra Giunta e Giuseppe Tripi) che li ha processati per estorsione continuata e aggravata dai metodi mafiosi.
I Cammarata, secondo i magistrati, sarebbero stati i mandanti dell’azione, gli altri li avrebbero fiancheggiati. Questo è quanto emergerebbe dallo spaccato tracciato dalle indagini dei carabinieri. E per loro, nel dicembre di cinque anni fa, sono scattati pure provvedimenti cautelari. Nel loro mirino, secondo l’impianto accusatorio, sarebbe finito un imprenditore trentanovenne di Riesi titolare di aziende, anche di grosse dimensioni, sia nel settore ferramenta all’ingrosso che nel comparto agricolo. Lo stesso che poi ha scelto di non costituirsi parte civile nei confronti dei presunti estorsori.
A lui, secondo la tesi d’accusa, sarebbero stati chiesti 30 mila euro di pizzo. Soldi che la vittima, secondo la ricostruzione dell’accusa, avrebbe dovuto versare in più tranche. Ed è proprio durante la consegna di una prima quota di tremila euro che è scattato un arresto. Ai danni del presunto esattore che, però, è stato già processato a parte. La vicenda sarebbe venuta a galla quasi per caso. Non perché la vittima delle presunte richieste estorsive abbia denunciato ma perché, piuttosto, sarebbe stato intercettato per via un danneggiamento subito in precedenza. E in quella circostanza i carabinieri si sarebbero resi conto che sarebbe stato al centro di richieste di denaro.