Si troverebbe in una località protetta al Nord Italia, affidato ad un équipe specializzata di operatori sociali, il piccolo di tre anni al centro della contesa tra la madre naturale e i genitori affidatari, che sul web il 6 novembre hanno lanciato la petizione per il piccolo Miele o Vittorio Fortunato, come era stato chiamato dai medici dell’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, il giorno in cui era stato salvato a novembre del 2020. La petizione ha superato l’obiettivo previsto delle 25 mila firme: un documento che per gli avvocati della famiglia affidataria serve sicuramente a “scuotere le coscienze”, ma che non ha valore giuridico nelle aule dei tribunali dove si sta svolgendo questa vicenda.
I fatti sono ormai noti. Il piccolo era nato il 4 novembre 2020 in casa, a Modica, la madre subito dopo il parto lo avrebbe affidato al padre per «portarlo in ospedale», come ha più volte ribadito la donna. Ma il piccolo fu ritrovato in una busta della spesa tra le strade di Ragusa a seguito di una messa in scena proprio da parte del padre naturale, che fingendosi un macellaio disse di averlo ritrovato davanti al suo negozio. Dopo l’intervento delle forze dell’ordine il neonato fu portato d’urgenza in ospedale al Giovanni Paolo II di Ragusa e i medici che lo salvarono gli attribuirono il nome di Vittorio Fortunato. Venti giorni dopo il piccolo venne affidato ad una famiglia siciliana.
Dopo un primo provvedimento in cui da parte del Tribunale dei minorenni il bimbo viene affidato alla famiglia adottiva. Il legale della madre naturale presenta ricorso e sia la Corte d’appello che la Cassazione revocano la sentenza di adottabilità, perché non sarebbe stato verificato che quel bambino i genitori naturali li avesse. Nella sentenza del novembre 2020 viene inoltre stabilito che la madre fosse messa in condizione di incontrare il figlio attraverso incontri protetti.
Sulla base di quei provvedimenti e di una perizia medica sulla capacità genitoriale della madre che viene riconosciuta il Tribunale per i minorenni di Catania il 28 dicembre del 2022 stabilisce che il piccolo deve tornare dalla madre naturale in un periodo compreso tra il 28 dicembre, data del provvedimento, e il 28 aprile 2023. La madre naturale avrebbe quindi chiesto sin dagli inizi della vicenda di voler con sé il bambino.
I legali della famiglia affidataria presentano ricorso e così la prima data di “rientro” del bimbo dalla madre naturale, dopo un’integrazione del Tribunale per i minorenni, slitta dal 28 aprile al 28 dicembre 2023, ultima data fissata dal provvedimento di settembre. Nel documento viene specificato che i genitori affidatari facessero da «traghettatori» verso la madre naturale.
Una causa di tipo civile che rientra nell’ambito minorile, ma accanto a questa c’è il procedimento penale che già a gennaio di quest’anno ha visto condannato a due anni di reclusione il padre naturale del bambino. Il procedimento penale nei confronti della madre naturale che dovrà pure rispondere del reato di abbandono di minore è iniziato invece il 6 aprile di quest’anno. La prossima udienza è fissata il 9 febbraio 2024.
Fonti vicine alla famiglia affidataria riferiscono la paura dei genitori adottivi qualora il bimbo tornasse alla madre entro il 28 dicembre, con una domanda ben precisa: cosa succederebbe al bambino qualora la madre fosse condannata per abbandono di minore? Il bimbo si troverebbe al centro di una nuova contesa?
A difendere la madre naturale del bambino è l’avvocato Angelo Iemmolo del Foro di Ragusa: «La donna è in lacrime, si sente sottoposta al tritacarne mediatico e dei social. La Corte d’appello e la Cassazione si erano espresse sulla vicenda quando il bambino aveva otto mesi, ora che ha tre anni ed è tutto molto più difficile», dice a Repubblica l’avvocato Iemmolo. La famiglia affidataria è invece difesa dallo studio legale Ruo Piazzoni che riferisce: «La famiglia non vuole, non se la sente di lasciare dichiarazioni». Resta comunque il testo della petizione dove la famiglia affidataria ha fornito il proprio racconto dei fatti chiamando il piccolo Miele.