Pubblicato il: 24/12/2023 alle 07:46
La F.L.C. C.G.I.L. aveva anzitempo sensibilizzato i lavoratori della conoscenza e, in generale, l’opinione pubblica sull’operazione di drastici tagli all’organizzazione scolastica del territorio nazionale. Per centosette istituti scolastici della Regione Sicilia, infatti, a partire dal prossimo anno scolastico 2024/2025, l’Ufficio Scolastico Regionale, attuando le disposizioni contenute nel decreto interministeriale n. 127 del 30 giugno 2023, firmato dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, decreterà la soppressione della loro autonomia scolastica.
Anche la provincia nissena sarà investita dal piano di dimensionamento e ciò comporterà l’accorpamento di otto istituti suddivisi tra il primo ciclo di istruzione ed infanzia e il secondo ciclo. Come si apprende dalla stampa locale, i Collegi dei Docenti degli Istituti, interessati dalla privazione dell’autonomia, hanno avanzato perplessità legittime che la rappresentanza politica di un contesto socio-economico come quello del Nisseno, martoriato dal calo demografico e dalla povertà educativa, deve organizzare per esprimere con più forza l’inadeguatezza delle Destre nel cogliere le diseguaglianze territoriali e nel combatterle con determinazione.
Il decreto interministeriale, infatti, è una diretta emanazione della riforma 1.3, che punta ad un’innovazione dell’organizzazione scolastica statale, prevista nella Missione 4 del PNRR, riservata all’Istruzione e alla Ricerca. Il testo della suddetta riforma, in sintesi, prescrive un superamento della logica delle classi-pollaio e, appunto, del dimensionamento scolastico, dal momento che il sistema scolastico statale attuale, come dimostra un’abbondante letteratura scientifica, perpetua non solo le diseguaglianze sociali, ma anche fatica a orientare gli studenti e le loro famiglie in una epoca di policrisi, per riprendere un termine coniato dal filosofo Edgar Morin negli anni Novanta. Nello sviluppo di un ammodernamento dell’organizzazione scolastica, il testo, proseguendo, spinge il legislatore a pensare ad un modello gestionale alternativo a quello tutt’ora in vigore ed afflitto da un ampliamento delle prerogative a discapito delle realtà più piccole, dove prevale lo schema della mega scuola, ponendo particolare cura ai casi degli Istituti ubicati nelle aree di montagna, nelle aree interne e nelle vallate.
A fronte della carica innovatrice trapelante dalle linee-guida della riforma 1.3, le Destre hanno del tutto soffocato la potenziale iniziativa di convergenza verso modelli gestionali che tengano uniti la lotta alle disuguaglianze, il perseguimento di una scuola di qualità e il benessere della popolazione scolastica. Infatti, vanno denunciati, come del tutto anacronistici e discriminanti, i parametri nazionali che redistribuiscono, per regione, il numero dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (D.S.G.A.) e che innalzano, a seguito di un intervento iniquo nella Legge di Bilancio 2023 (art. 1, c. 557), il numero degli alunni da 600 ad un minimo di 900 e a un massimo di 1000 per la costituzione di scuole autonome.
Gli effetti negativi di una così scriteriata risposta governativa sono del tutto già evidenti, perché il ricorso ad un piano di dimensionamento è la strada più agevole perseguita dai governi, nel campo delle politiche pubbliche, per correggere le sperequazioni di bilancio, procurando disagi alle fasce sociali più deboli e ai lavoratori. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’accorpamento produrrà il taglio del personale dirigente e A.T.A., la moltiplicazione farraginosa delle competenze dell’Istituto accorpante, la difficolta della scuola di intercettare il disagio sociale degli studenti, senza poter contare su un bilancio significativo di risorse finanziarie, giacché operanti da tempo i tagli sui fondi d’istituto.
Ora, se si provasse a calare un tale scenario nell’area interna di Caltanissetta, dove la dispersione scolastica registra un tasso di dispersione scolastica preoccupante, sommando gli indici globali di dispersione tra primo e secondo ciclo, e dove la deprivazione materiale e culturale erode l’emancipazione di chi nasce in condizioni di disagio socio-economico, ne verrebbe fuori un quadro di forte emergenza collettiva. Perché se è vero che le Destre al governo tentano di fratturare la coscienza sociale e politica dei cittadini, elargendo provvedimenti senza nerbo, inefficaci, umilianti, è necessario, allora, organizzare un largo dissenso per promuovere un’idea di Stato, invece, che rafforzi i dettami costituzionali di giustizia sociale, perché la difesa della scuola pubblica è la pietra di paragone di ogni conflitto sociale. Se le Destre hanno progettato di trasformare la scuola in una macchina di oppressione verso chi la vive quotidianamente, cavando fuori imprecisati concetti di merito e di ottimizzazione gestionale o, peggio, riformandola in senso utilitaristico, toccherà, allora, alla collettività ribadire che la scuola è quel bene comune in grado di sfidare la crisi generazionale contemporanea e le incertezze educative, senza, perciò, ripararsi dietro a visioni antiquate e pregne di stereotipi.
Andrea Salvatore Alcamisi
Insegnante