Pubblicato il: 22/01/2024 alle 18:36
(Adnkronos) – A quasi sei anni dal brutale massacro su Pamela Mastropietro, la 18enne romana allontanatasi da una comunità di Corridonia (Macerata) e i resti della quale furono ritrovati in due trolley nel gennaio del 2018, domani in Cassazione è il giorno del verdetto per Innocent Oseghale, già condannato per aver ucciso e fatto a pezzi la ragazza. La Suprema Corte si pronuncerà sulla sola aggravante della violenza sessuale, sulla quale si è svolto un appello bis a Perugia, ma dalla sentenza dipenderà la conferma o meno dell'ergastolo per il nigeriano. "Speriamo, domani, di arrivare finalmente a mettere la parola fine almeno a questa parte di calvario giudiziario. La violenza sessuale, di cui si discuterà, per noi e per la stessa procura generale presso la Corte di Cassazione, alla volta scorsa, era già ampiamente provata. Ora, dopo l'ulteriore accertamento svolto con un terzo grado del merito, che ne ha, per la terza volta, dichiarata la sussistenza, confidiamo nella conferma della condanna all'ergastolo di Oseghale", afferma all'Adnkronos Marco Valerio Verni, zio di Pamela Mastropietro e legale della famiglia della 18enne. "Negare, o mettere in dubbio, che Pamela sia stata anche violentata in un contesto criminale che è stato definito un unicum nella storia della criminologia mondiale degli ultimi cinquanta anni, sarebbe davvero assurdo – conclude – Processualmente, vi sono tutti gli elementi per poterlo affermare con serena certezza". "Mi aspetto che il 23 gennaio venga confermato l'ergastolo, ma poi la battaglia va avanti", aveva già detto nei giorni scorsi, in un'intervista all'Adnkronos, la mamma di Pamela, Alessandra Verni, rispedendo al mittente la versione di Oseghale, che negli ultimi anni ha chiesto scusa sostendendo però di non aver ucciso né violentato la ragazza: "Io spero sempre in un pentimento di Oseghale, che lui faccia i nomi e dica tutta la verità su quello che è successo quel giorno". Infatti, sebbene a livello giudiziario non sia stato finora provato, la famiglia di Pamela è convinta che il nigeriano condannato non ha fatto tutto da solo, che ha avuto dei complici e che la verità su quel 30 gennaio 2018 è ancora lontana: "Ci sono due dna che non si sa di chi siano, intercettazioni nelle quali alcuni personaggi dicono che quel giorno erano nella casa, ci sono troppe cose che non tornano, ci sono tanti aspetti che meritano una risposta. E qualcuno queste risposte me le deve dare. Io le pretendo", sottolinea Alessandra Verni. "Per me non finisce tutto il 23 gennaio. La mia battaglia va avanti fino alla riapertura delle indagini – sottolinea Alessandra Verni – perché ci sono altri mostri fuori che possono fare ciò che hanno fatto a Pamela ad altre ragazze e non solo a donne, ma anche a uomini perché su un cellulare sono state trovate foto di uomini nigeriani torturati". Insieme ad altre mamme e una sorella di vittime di omicidi brutali, la mamma di Pamela ha lanciato un video-appello per chiedere la certezza della pena e lo stop a permessi e benefici: "Chiediamo pene più dure: le nostre figlie non potranno più rivivere su questa terra quindi è giusto che anche i carnefici non possano farlo: non esiste la pena di morte, ma allora facciano il carcere a vita senza permessi e senza sconti".
Domani l'imputato, detenuto nel carcere di Forlì, non sarà presente in aula. "Siamo fiduciosi nell'esito del giudizio e auspichiamo una valutazione serena dei nostri motivi di ricorso", sottolinea l'avvocato Simone Matraxia, difensore di Oseghale insieme al collega Umberto Gramenzi. "Riteniamo ci siano delle illogicità e contraddittorietà nella ricostruzione dei fatti operata dai giudici di primo e secondo grado", conclude il legale. Domani, in concomitanza con l'udienza, è previsto un sit-in davanti alla Cassazione mentre il 30 gennaio, nel giorno dell'anniversario della morte, la famiglia della 18enne ha organizzato una fiaccolata alle 17.30 a piazza Re di Roma e a seguire una messa in memoria della ragazza. (di Sara Di Sciullo) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)