(di Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Assolta una sospetta ricettatrice… che ricettatrice non era. Sì, perché non sarebbe stata lei a utilizzare quel cellulare rubato. Nonostante sia stata effettuata una chiamata con la sua scheda telefonica. La stessa che, però, la sospetta ricettatrice aveva smarrito in precedenza. Per cui non v’è prova che ad utilizzarlo sia stata lei. E alla fine, dal processo che ne è derivato, ne è uscita indenne.
Così per una trentatreenne, F.A. – assistita dall’avvocatessa Mariangela Randazzo – finita sotto processo per rispondere di ricettazione. In particolare di un telefonino rubato alla proprietaria il primo febbraio di quattro anni fa e il cui furto è stato denunciato il giorno dopo alla caserma dei carabinieri.
Attraverso la scheda telefonica utilizzata e il codice Imei dell’apparecchio, i militari sono risaliti all’identità della presunta ricettatrice, finita poi in giudizio attraverso la citazione diretta.
Al termine dell’istruttoria, il pubblico ministero Rosaria Fiorello ha chiesto la condanna a due mesi e trecento euro di multa. Di contro la difesa ha sollecitato l’assoluzione della propria assistita perché il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto. E alla fine il giudice Marco Milazzo, accogliendo la tesi difensiva, ha assolto l’imputata per non avere commesso il fatto.