(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Sarebbe lui la mente di una catena di attentati, tra incendi e colpi di pistola contro casa, ai danni di una nota avvocatessa. Non ha dubbi la procura, che ne ha chiesto l’affermazione di colpevolezza. E, con essa, la condanna a 15 anni di carcere, oltre al pagamento di una multa di 2.500 euro.
Richiesta che pende sul capo del quarantunenne Rosario Davide Alba (assistito dagli avvocati Antonio e Marco Ingroia) accusato di tentata estorsione, atti persecutori, incendio e danneggiamento, tutte contestazioni aggravate dal metodo mafioso.
Nel mirino, l’avvocatessa Maria Giambra, costituita parte civile insieme al marito, Pietro Lo Nobile (assistiti dagli avvocati Letizia Galati e Pietro Sorce) così come il consiglio dell’ordine degli avvocati nisseno (rappresentato in giudizio dall’avvocato Giacomo Butera). E le stesse parti civili, rifacendosi alle conclusioni dei pm Stefano Sallicano e Massimo Trifirò, oltre alla condanna hanno inoltre chiesto provvisionale e risarcimento dei danni.
Alba, per l’accusa, sarebbe il mandante di tre attentati incendiari e pure di alcuni colpi di arma da fuoco sparati contro l’esterno dell’abitazione della professionista.
Il 7 novembre 2018 e il 30 gennaio dell’anno dopo avrebbe dato incarico di bruciare le auto dell’avvocatessa mentre si trovavano parcheggiate sotto il suo studio professionale, in entrambi in casi un’Audi Q5 appartenente al marito.
Il 28 gennaio 2020 il copione si è ripetuto, questa volta incendiando, poco prima dell’alba, anche la tettoia della villetta di campagna della penalista e del marito. Andata a fuoco insieme a una Peugeot 3008 e un’Audi Q3. E sono stati momenti di paura per l’intera famiglia che stava dormendo in casa.
La notte del 20 luglio 2021 sono stati esplosi sei colpi di pistola contro la loro abitazione. Anche in questo caso tutta la famiglia era in casa.
Da quel momento in poi i sospetti si sono catalizzati su Alba e sono partite le intercettazioni a suo carico. Il movente, secondo la tesi accusatoria, sarebbe da ricercare in una serie di contenziosi a quel tempo in corso che avrebbero interessato da un lato lo stesso imputato e la sua fidanzata, ex segretaria dello studio legale Giambra e, dall’altro, la stessa professionista, nei confronti della quale lo stesso Alba ha poi presentato una querela per infedele patrocinio e truffa, presto archiviata. Sullo sfondo, un credito di poco più di 40 mila euro che la ditta di Alba avrebbe vantato da una società e avrebbe poi additato la professionista di avere tentato un accordo, con la ditta debitrice, da lui non voluto. Vicenda, questa, che s’è poi “sgonfiata”.