Pubblicato il: 08/06/2015 alle 07:00
Cibo, un rapporto che per alcuni diventa di “amore” o di “odio” e, per comprendere meglio questa relazione, soprattutto quando si tratta di un terreno di scontro, abbiamo chiesto il parere della psicologa Alessandra Campanella, esperta del centro Controluce di Caltanissetta.
Con la definizione di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) si indica un insieme complesso di condotte che riguardano il rapporto della persona con il cibo e che hanno una natura patologica.
Sotto l’ombrello di tale definizione troviamo patologie come l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e la sindrome del BingeEatingDesorder (disturbo da alimentazione incontrollata).
Questi disturbi hanno raggiunto nella nostra epoca proporzioni sempre più preoccupanti:si stima che lo 0,5% della popolazione femminile tra i 15-18 anni presenti disturbi che sono collegati all’alimentazione. Il rapporto tra popolazione femminile e maschile è all’incirca di 9 a 1 ma tale stima, per quanto riguarda gli uomini, è in crescita soprattutto in età adolescenziale e pre-adolescenziale. Anche l’età di esordio della malattia è in estensione: non è raro riscontrare disturbi connessi all’alimentazione già dall’età di 12 anni o ancor prima.
I DCA possono compromettere in maniera seria ed irreversibile tutti gli apparati ed organi del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, scheletrico, etc) e portare alla morte.
Questi disturbi sono da considerare a pieno come disturbi mentali e la persona che ne soffre vive con estrema sofferenza il rapporto con il cibo, con il proprio peso e con l’immagine corporea.
Certamente il rapporto con il corpo e con le variazioni della sua forma e del suo peso hanno un importante ruolo nei disturbi del comportamento alimentare: il non apprezzarsi o il vedere in se stessi “qualcosa fuori posto” sono solo i punti di partenza di questi disturbi.
La causa di questo tipo di patologie va però ricercata altrove e attiene a complesse dinamiche interne che hanno a che fare con il rapporto con se stessi e con gli altri, con la comprensione e l’espressione delle emozioni e più in generale con la propria vita affettiva.
Possiamo pensare che il rapporto tra la persona e il cibo, in condizione di disagio, diventi il teatro delle forme di regolazione delle relazioni tra se stessi e gli altri.
Ad esempio, il privarsi del cibo significa sperimentare l’assenza, il vuoto e poterlo ostinatamente padroneggiare. Allo stesso tempo il riempirsi incontrollatamente corrisponde a riempire un vuoto incolmabile.
Le considerazioni sopra riportare rappresentano solo un quadro iniziale di considerazioni più complesse che verranno approfondite più dettagliatamente in successivi articoli.
La diagnosi di DCA viene effettuata seguendo dei parametri specifici, ma possono presentarsi anche comportamenti alimentari disfunzionali “sotto soglia” rispetto ai parametri diagnostici che non vanno assolutamente sottovalutati.
Quando l’alimentazione si trasforma da atto di nutrimento ad espressione di dinamiche più complesse che con il cibo hanno poco a che fare, siamo in presenza di un primo campanello d’allarme che deve essere preso in opportuna considerazione.
Nei disturbi del comportamento alimentare la psicoterapia può essere di grande aiuto come anche la possibilità di avvalersi del supporto di più figure professionali competenti (come ad esempio un medico nutrizionista).