Pubblicato il: 09/09/2015 alle 07:00
Essere intolleranti al lattosio? “E’ più comune di quello che si pensi”. La nutrizionista Alessandra Cucchiara, rispondendo alle molte domande sollevate dai cittadini sulla corretta alimentazione, ha spiegato che questa “è una delle intolleranze più diffuse oggi giorno e i sintomi possono essere più o meno gravi”.
Ma iniziamo parlando del colpevole: il lattosio. Il lattosio è lo zucchero presente nel latte ed è composto da due monosaccaridi: il glucosio e il galattosio. Il lattosio così com’è non può essere assorbito a livello intestinale, ma perché ciò possa avvenire deve essere diviso nelle due molecole che lo compongono. Colui che ha il fondamentale compito di scindere il lattosio è l’enzima lattasi, prodotto dalle cellule dell’intestino. L’intolleranza è dovuta alla carenza di tale enzima, questo comporta che il lattosio arriva indigerito a livello intestinale dove viene attaccato dalla flora batterica, provocando processi di fermentazione con conseguente produzione di gas e acidi organici, creando flautolenza, gonfiore addominale, meteorismo e diarrea. Tale enzima è inoltre inducibile, cioè la sua produzione viene incentivata da un particolare stimolo, che è il lattosio stesso. Questo sta a significare che se per un periodo dovessimo interrompere l’assunzione di latte e derivati la carenza di lattosio nell’alimentazione non stimolerebbe più l’attività della lattasi, che cesserebbe così di funzionare. Nel momento in cui reintrodurremo i latticini nella dieta faremo inizialmente fatica a digerirli, ma se sollecitiamo il nostro organismo con piccole quantità giornaliere di lattosio saremo in grado di ripristinare l’efficacia dell’enzima. Ma come si fa a diagnosticare un’intolleranza al lattosio? Viene usato il breath-test, test del respiro: viene eseguito al mattino a digiuno e dopo aver seguito una “dieta in bianco” senza latticini per 5-7 giorni. Al paziente viene data una soluzione di acqua e lattosio, e viene invitato a soffiare in un palloncino ogni mezz’ora.
Essere intolleranti al lattosio non presuppone comunque che debbano essere eliminati tutti i latticini dalla propria alimentazione. Infatti non tutti i derivati del latte ne contengono la stessa concentrazione. Più un formaggio è stagionato, minore sarà la quantità di lattosio in esso presente, questo grazie alla sua idrolisi (ovvero scissione, digestione) durante il tempo di stagionatura stesso: ad esempio il parmigiano, che non contiene lattosio, l’emmenthal, l’asiago, il pecorino o il caprino ben stagionati. I formaggi freschi invece rappresentano il vero nemico per un intollerante: mozzarella, ricotta, robiola, crescenza, formaggi spalmabili… E lo yogurt? Lo yogurt, pur essendo un derivato del latte, contiene una quantità inferiore di lattosio grazie alla fermentazione operata dai lattobacilli. Ma alcune persone, particolarmente sensibili potrebbero non tollerare neppure le minime quantità di lattosio nello yogurt, dunque è bene valutare caso per caso. Anche il burro è un derivato del latte che si può usare senza problemi: contiene lattosio solo in tracce, dunque nella maggioranza dei casi è ottimamente tollerato. Una domanda, ha concluso la nutrizionista nissena, che tutti gli intolleranti si pongono è: ora il latte come lo sostituisco? Si può sostituire il latte vaccino con il latte delattosato, che si ottiene attraverso un processo biotecnologico che permette di spezzare la molecola di lattosio in glucosio e galattosio, per renderlo digeribile a chi è intollerante, oppure in commercio esistono tante versioni di latte vegetale, tra cui quello di soia, riso, avena, mandorle, farro o miglio.
Per approfondire:Sai quel che mangi? I consigli dell’esperta Alessandra Cucchiara per una dieta equilibrata