Pubblicato il: 08/04/2024 alle 11:27
Anestesisti, chirurghi e altri specialisti, oltre che infermieri e appartenenti al mondo della sanità, sono impegnati a Caltanissetta, nella sala convegni dell'Hotel San Michele, nel II corso GAVeCeLT nisseno, organizzato e diretto dalla dottoressa Rita D'Ippolito, anestesista e rianimatrice dell'ospedale Sant'Elia nonché responsabile del Vascular Team. Il corso, aperto dal primario di Anestesia e Rianimazione dell'ospedale Sant'Elia, Giancarlo Foresta, dopo i saluti del presidente dell'ordine dei medici Giovanni D'Ippolito, del commissario straordinario dell'Asp Salvatore Lucio Ficarra, e del direttore di presidio dell'ospedale Sant'Elia Benedetto Trobia, ha preso il via con una lectio magistralis del professore Mauro Pittiruti, considerato un'autorità in Italia nel campo degli accessi vascolari. Obiettivo del corso sarà infatti quello di ottimizzare la gestione degli accessi vascolari al fine di ridurre al minimo possile, l'incidenza delle infezioni ad essi correlate.
“Conosco Rita D'Ippolito da molti anni, è una persona molto in gamba e ha fatto cose straordinarie rispetto ad altri ospedali delle stesse proporzioni o della stessa regione – ha detto Mauro Pitturiti, responsabile degli accessi venosi periferici centrali di tutto il team degli accessi vascolari del Policlinico Gemelli di Roma, fondatore e presidente del GAVeCeLT – credo che siano organizzati nel modo giusto, secondo quelle che sono le raccomandazioni internazionali e le linee guida nazionali e internazionali che raccomandano fortemente la presenza di un team di accessi vascolari. Il vascular team di Caltanissetta mi sembra abbia numeri molto interessanti e alti per un ospedale che mi sembra sia intorno ai 200 posti letto o poco più. Sarebbe auspicabile che ci fossero più centri con la stessa buona volontà e lo stesso zelo e soprattutto ben orientati dal punto di vista medico scientifico come questo”
“Gli accessi vascolari – ha continuato Pittiruti – sono fondamentali per qualsiasi paziente ospedalizzato. Farli secondo un criterio che sia ragionato nella scelta del dispositivo, nella scelta delle tecniche di inserzione e nelle tecniche di gestione è la conditio sine qua non per migliorare l'assistenza del paziente in termini di sicurezza ma anche in termini di vantaggi di tipo economico a livello aziendale. Perché c'è un risparmio di risorse e un utilizzo più efficente di quelle che sono le risorse umane e finanziarie che sono sempre meno”
“Per quanto riguarda il paziente – ha continuato il professore – non è solo una questione di risparmio del patrimonio venoso ma anche una questione di evitare sofferenze inutili in termini di punture. Perché non è detto che ogni puntura rovini la vena ma ogni puntura ha sicuramente un trauma psicologico in più per ogni paziente. Ci sono poi alcune sostanze, alcune specifiche soluzioni che vengono fatte in vena, che hanno un altissimo rischio di provocare flebiti e così via. La flebite in particolare è una complicanza dolorosa e spiacevole. La priorità è il rispetto del paziente, in termini di evitargli sofferenze inutili. Però sottolineerei anche il discorso di efficacia clinica perché mettere accessi venosi centrali aumenta anche la possibilità dell'operatore sanitario di fare interventi efficaci di tipo diagnostico-terapeutico. E in terzo punto non trascurerei il costo-efficacia, cioè l'utilizzo efficiente delle risorse aziendali”.