Pubblicato il: 11/04/2024 alle 18:56
Siglato questo pomeriggio il contratto di lavoro dei dipendenti regionali del comparto non dirigenziale per il triennio 2019/2021. Le trattative, svolte tra l’Aran Sicilia e le organizzazioni sindacali, sulla base delle indicazioni formulate dal governo regionale, colmano un ritardo – rispetto agli altri comparti del pubblico impiego – che non era più accettabile, come ha più volte evidenziato l’assessore regionale alla Funzione pubblica e autonomie locali, Andrea Messina.
«Ringrazio i sindacati e il commissario dell’Aran per il lavoro svolto e l’intesa raggiunta. Gli spazi di manovra che le leggi vigenti ci consentivano non erano ampi. Abbiamo fatto il massimo – dice l'assessore Messina – modificando il sistema di classificazione sul modello di quello del comparto dei ministeri. Una base di lavoro necessaria che ci consente di avviare un sereno confronto per il contratto 2022-2024 nel quale cercheremo di operare interventi più incisivi sia riguardo le progressioni di carriera sia sulla riorganizzazione complessiva del personale che soffre oggi di una cristallizzazione nei ruoli. Occorre operare una concreta revisione del sistema che tenga in debita considerazione le competenze maturate dal personale, spesso costretto in ruoli anacronistici, la normativa vigente e i numerosi pensionamenti che hanno determinato, in taluni uffici, un sovraccarico di lavoro».
Tra gli elementi maggiormente qualificanti del contratto vi sono la previsione del sistema di classificazione del personale previsto nello Stato con tre aree professionali in luogo delle quattro categorie e l’introduzione della nuova area delle elevate professionalità (Ep). Il nuovo sistema, in linea con la disponibilità delle risorse stanziate con la recente legge di bilancio 2024, consentirà di avviare a breve significativi percorsi di carriera con l’attivazione delle progressioni verticali, dopo anni di cristallizzazione nelle categorie di appartenenza. Tra le disposizioni da segnalare, anche la previsione di congedi per un massimo di 90 giorni lavorativi per le donne vittime di violenza che risultino inserite in percorsi di protezione.
«Si tratta di strumenti – sottolinea Messina – che consentiranno di valorizzare il merito e le professionalità acquisite dai dipendenti in servizio, rendendo, inoltre, maggiormente stimolante, anche per chi si approccia per la prima volta al lavoro pubblico, l’accesso all’impiego che potrà offrire percorsi di crescita professionale. In questa logica vanno letti anche gli articoli relativi alle posizioni organizzative e professionali che consentono di valorizzare i dipendenti che svolgono incarichi di responsabilità».