L’escalation del conflitto in Medio Oriente si fa incandescente. Dopo che l’Iran ha lanciato centinaia di droni e missili su Israele, come rappresaglia dell’attacco alla sua ambasciata, l’interrogativo è quale sarà la risposta dello Stato ebraico.
E a oltre sei mesi dal 7 ottobre del 2023, il giorno del brutale attacco con cui i miliziani di Hamas massacrarono circa 1.200 israeliani, quasi tutti civili, che ha provocato l’inizio della guerra nella Striscia di Gaza,in Sicilia esiste un microcosmo considerato un modello di inclusione nel mondo. È il luogo più arabo d’Italia, dove da tempo vige la pacifica convivenza tra Occidente e Oriente, tra cristianesimo e islamismo. Tra storie e leggende.
Lasciatevi condurre in un percorso tra passato, presente e futuro, in uno dei posti più caratteristici ed emblematici del Mediterraneo terra di incontro fra le culture greca, latina, araba ed ebraica. Passaggio di tantissimi popoli: Fenici, Greci, Romani, Ostrogoti, Bizantini, Arabi, Normanni, Angioini, Aragonesi, Borboni, in un continuo avvicendarsi, nei secoli, di usi e tradizioni che hanno mutato l’identità dei territori. Il posto che testimonia l'integrazione tra le culture e le religioni è uno dei quartieri di Mazara del Vallo nel Trapanese.
È proprio questo luogo che è stato analizzato dal giornalista Giovanni Franco e dal già sindaco e presidente dell'Ars, Nicola Cristaldi nel libro “Il Canto della Casbah” (Libridine editore euro 15) in vendita nelle librerie e su internet. Centro della narrazione è l’antica Medina, lascito della lunga dominazione musulmana che da sempre i mazaresi definiscono casbah. Con i testi e le immagini di Franco in una sezione e con un lungo racconto tra storia e cronaca di Cristaldi in un’altra.
Due copertine in un solo volume. “Un reportage a tutto tondo, in quei vicoli dal sapore arabo, per ascoltarne i sussurri e i suoni e fotografare i volti di uomini, donne e ragazzi intenti a interpretare un antico copione, quello della vita”, dice il giornalista Franco. Osserva Cristaldi, a lungo sindaco di questa città dirimpettaia delle coste africane: “Qui è nata la Casbah che per secoli nessuno ha più chiamato con il suo nome, dato che per centinaia di anni è stata il centro della città, il cuore di una comunità cresciuta con lo spirito della solidarietà. Lì gli abitanti sono stati Arabi, ma anche Normanni, Francesi, Spagnoli”. Il libro ha dato lo spunto per un reportage realizzato da Ali Ben Mohamed, documentarista tunisino residente a Roma, che ha come filo conduttore il tema “il luogo e l'identità e le cui riprese sono terminte nei giorni scorsi.
A Mazara del Vallo “la preghiera cristiana e quella musulmana convivono. Da un lato le campane, a pochi metri di distanza la voce amplificata del muezzin che dall’alto del minareto modula con voce alta e possente, rivolgendosi ai quattro punti cardinali, la formula convenuta per richiamare i fedeli alle cinque preghiere stabilite dal Corano in cinque ore diverse del giorno”.
“E' questo un libro che inaugura la collana ‘Reverso – con immagini strepitose e inedite – dice Francesco Sferlazzo, direttore della casa editrice Libridine – che consegnerà alla memoria collettiva uno spaccato di una realtà senza tempo”. Con le leggende che si fondono nella realtà narrate da Cristaldi che offrono la visione complessa di una “Città di Fenici venuti dal mare, di Arabi senza terra, di popoli nutriti dalla storia. Città di miti e di illusioni, di musica e di silenzi nascosti. Città sazia di mistero e di futuro”. Il volume è stato presentato alla Buchmesse di Francoforte, la fiera internazionale del libro.
“Incamminandosi per queste strade, ricche anche di ceramiche installate a cielo aperto ci si imbatte nei cortili chiusi alla vista esterna, avvolti in una atmosfera ovattata e in lunghi percorsi che si intrecciano tra loro in un labirinto, nel quale si ascoltano con l’immaginazione, storie tra realtà e fantasia”, sottolinea Franco. Ecco, nelle sue foto di un colore brillante, i pescherecci, i gabbiani e quei vicoli che sono in realtà corridoi di un’enorme abitazione vissuta da un’unica, enorme famiglia. Persone con i loro sacchetti della spesa, i loro panni al vento, le bombole di gas, le scope, le scarpe lasciate fuori dall’ingresso della moschea. Pescatori con il loro pesce da abbanniari. Ragazzini con i loro palloni o in attesa di inforcare la bici parcheggiata accanto a un grande vaso. Uomini maturi con volti d’ogni etnia intenti a giocare con carte siciliane. E donne. O circondate di panni multicolori e con la testa coperta da una hijab nera, o con una maglia leopardata, dietro una finestra. Persone. Tutte a guardare gli schermi degli stessi telefonini mentre attraversano le viuzze segnate da simboli e immagini religiose, cristiani e musulmani e dalla straordinaria policromia delle ceramiche che le ornano.