Pubblicato il: 21/07/2013 alle 10:35
Meglio chiudere il Centro di identificazione ed espulsione di Pian del Lago se viene messa a rischio la sicurezza delle forze dell'ordine che fronteggiano le rivolte degli immigrati. Non appare soltanto una provocazione quella lanciata da Patrizio Giugno, segretario provinciale del Sindacato italiano unitario lavoratori Polizia, che prende posizione dopo le sommosse esplose nelle ultime settimane ma prende spunto anche dalla vivace ma pacifica protesta di 200 immigrati richiedenti asilo politico che venerdì pomeriggio hanno occupato la Sp 5, perché da mesi non vengono convocati dalla Commissione territoriale di Siracusa che deve riconoscere lo status di rifugiato. “Ormai quello che succede al Centro governativo di Pian del Lago ha dell'inverosimile – dice Giugno -. Il mattinale del centro di identificazione ed espulsione somiglia sempre più ad un bollettino di guerra che riporta solo danni, feriti, fughe e sommosse. I poliziotti in servizio a Pian del Lago sono a pezzi, in senso fisico e anche morale. Il timore di tornare a casa tutto rotto a fine turno di servizio serpeggia sempre di più. Noi poliziotti facciamo del nostro meglio per evitare le fughe e le continue rivolte – aggiunge il segretario provinciale del sindacato di categoria – pur essendo consapevoli che avremo la peggio e a nulla è sortita la richiesta invocata a gran voce di dotare il personale con opportuno equipaggiamento tecnico, almeno per limitare i danni. Non possiamo permettere che giorno dopo giorno, con rivolte e fughe, gli immigrati si portino via un pezzo di struttura ma soprattutto un pezzo della nostra integrità fisica”. Così per Patrizio Giugno, a nome del Siulp, “se non sussistono le condizioni di sicurezza è meglio chiudere il Cie”.
Alle continue rivolte nel Cie, che ospita 96 immigrati irregolari, si è aggiunta ora la protesta – rientrata nella serata di venerdì dopo una lunga ma efficace trattativa coi dirigenti della Questura – degli stranieri accolti nel Centro di accoglienza in attesa di essere sentiti dalla commissione territoriale di Siracusa che deve decidere se riconoscere l'asilo politico, la protezione sussidiaria o quella umanitaria. Ma le audizioni procedono a rilento perché i membri della commissione hanno una mole di lavoro non indifferente, dovendo gestire le istanze anche di altri Cara – centri di accoglienza richiedenti asilo – sparsi in Sicilia. E proprio per accelerare le convocazioni, al Ceara di Pian del Lago era stata istituita una sezione della Commissione che dallo scorso gennaio e fino al 30 giugno ha sentito oltre 200 rifugiati, contribuendo così a smaltire il carico. La commissione nissena era composta dal funzionario dell'area Immigrazione della Prefettura, Gabriele Barbaro, dai vicequestori aggiunti Felice Puzzo – ex dirigente dell'Ufficio immigrazione della Questura – e Fabio Lacagnina che dirige la Digos, da un dirigente dell'Acnur, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e due assistenti sociali del Comune. Per superare questa impasse, il prefetto Carmine Valente ora ha chiesto una proroga dell'attività della commissione locale al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Viminale e alla Commissione nazionale per il diritto d'asilo.