Pubblicato il: 06/06/2024 alle 10:49
(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Colpi a sorpresa al processo d’appello per il delitto del riesino Salvatore Fiandaca. Uno su tutti: in aula arriverà la verità del “superteste”, quello alla base dei quattro ergastoli e che ora sconfessa quella teoria. Lui che, in due processi, non è mai stato sentito perché indagato per vecchi fatti di droga. Ma ora l’avviso di conclusioni indagine di quel dossier a suo carico – datato 20 maggio scorso – lo ha spogliato della veste di imputato di reato connesso. E la corte d’Assise d’Appello ne ha ammesso l’audizione, chiesta tanto dalla procura generale, quanto dalla difesa.
Ma non è stato l’unico sussulto nel giorno in cui, da programma, erano attese le richieste della procura generale a carico degli imputati. Sì, perché la Corte, nel riaprire l’istruttoria, tra le altre ha anche ammesso l’audizione dell’esperto che ha installato le microspie all’interno dell’auto di una terza persona – paladino della legalità – che avrebbe raccolto le confidenze del trentenne riesino divenuto poi teste chiave solo attraverso quelle intercettazioni. Non perché abbia mai testimoniato in aula. Anche se molto di recente, sentito a sommarie informazioni dalla procura generale, avrebbe in concreto asserito di essere stato manipolato e, soprattutto, influenzato da un noto e accreditato personaggio. Lo stesso al cui interno della sua auto v’erano “cimici” che, è emerso, sarebbero state montate di giorno e con il mezzo che sarebbe pure stato lasciato stranamente aperto. Operazioni che, in genere, vanno compiute di notte e in gran segretezza.
E dentro quell’auto sarebbero state raccolte quella sorta di delazioni del teste chiave. Non a caso lo stesso trentenne, che adesso potrà fissare la sua veridicità in aula, è stato ammesso a testimoniare per verificare «i suoi rapporti di conoscenza e frequentazione – con il noto personaggio – e su eventuali sollecitazioni ricevute da terzi».
Sono un paio di passaggi a tinte fosche tra quelli su cui anche la stessa accusa ha acceso i riflettori. E sarà pure sentito il padre della vittima. «Il fattore tempo ha pregiudicato in primo grado… è stato un cattivo consigliere sia per l’ordinanza che per la sentenza», è un passaggio con cui l’avvocato Maggio ha chiesto l’acquisizione di atti, prima che i sostituti pg Antonino Patti e Gaetano Bono e il pg Fabio D’Anna girassero le loro richiesta all’Assise d’Appello presieduta da Andreina Occhipinti, consigliera Gabriella Natale .
Nel processo sono alla sbarra i riesini Giuseppe Antonio Santino, Michael Stephen Castorina e Gaetano Di Martino (avvocati Giovanni Maggio, Vincenzo Vitello, Michele Ambra, Adriana Vella e Angelo Asaro) condannati all’ergastolo e Loris Cristian Leonardi – (avvocati Carmelo Terranova e Giada Faraci) accusato di avere procurato il fucile utilizzato dai killer di Fiandaca e che ne è uscito con la pena a cinque anni di carcere. I familiari della vittima (avvocati Walter Tesauro e Giovanni Pace) sono parti civili.