Non trovano pace i genitori di Michelle Causo, la 17enne uccisa un anno fa nel quartiere di Primavalle a Roma e poi abbandonata in un carrello della spesa da un coetaneo di origini srilankesi. Gianluca e Daniela, papà e mamma della giovane vittima, dopo alcuni mesi rompono il silenzio e denunciano come il giovane accusato dell'omicidio avrebbe creato dal carcere per minorenni di Treviso, dove è recluso, diversi account sui social per monitorare i profili degli amici e delle amiche della vittima.
La denuncia dei genitori
In un'intervista a Il Mesaggero, i genitori lanciano l'allarme: “Un anno fa ha trafitto nostra figlia con 36 coltellate, l'ha lasciata morire guardandola agonizzare. Poi l'ha buttata via come fosse spazzatura abbandonandola su un carrello del supermercato accanto ai cassonetti, e ora che fa dal carcere? Invia messaggi alle sue amiche e crea profili Instagram attraverso cui spiare i loro social. Lui che ha dimostrato nel peggiore dei modi quanto possa essere pericoloso, da detenuto, a Treviso, usa il telefono o il pc per incutere nuovamente terrore. Com'è possibile, soprattutto, che gli sia consentito di seguire un laboratorio di informatica quando in passato ha dimostrato di essere un abile hacker con denunce per revenge porn? È uno scandalo”.
I messaggi alle amiche
Il giovane, dal carcere, avrebbe cercato di mettersi in contatto anche con una delle amiche più care di Michelle. La ragazza, racconta ancora il padre della vittima, “era sconvolta, mi ha raccontato che lui, l'assassino, più di una volta e non solo con lei aveva provato a scriverle. Non basta. Guardando tra i suoi follower era spuntata più di una volta l'immagine del ragazzo associata a dei falsi nomi: profili su Instagram e TikTok che poi sparivano. L'ultimo colnickname “no ratts” e l'emoticon di un topo… Meglio non commentare… Avrebbe tentato di rientrare in contatto anche con alcuni suoi amici che, tuttavia, dopo quanto accaduto, non ne hanno voluto più sapere. Ha scritto a una decina di persone: si può fare?”, si domanda l'uomo.
“Si vantava delle sue abilità da hacker”
Per la mamma e il papà di Michelle, il ragazzo starebbe utilizzando il sistema di connessione del carcere durante i corsi di informatica per attivare profili social che dopo un giorno, puntualmente, scompaiono. “Un gioco da niente per un hacker come lui – spiega Daniele Causo -. Se ne vantava della sua abilità. Nonostante fosse ancora minorenne prima di accanirsi su Michelle era stato accusato di creare profili falsi con cui ricattare e chiedere soldi alla gente. Se lui fa questo durante i corsi di informatica mi chiedo chi lo controlli. Se, invece, ha nella sua disponibilità un telefono, mi viene persino il dubbio che qualcuno lo copra da dentro il carcere. Da quel che mi risulta è lì dentro con appena altri nove detenuti liberi di fare più o meno come vogliono durante il giorno e chiusi nelle loro celle solo la notte. La vita di nostra figlia è stata cancellata così brutalmente, non c'è minuto che passi nelle nostre giornate che non pensiamo a lei, a che donna sarebbe diventata, al suo sorriso, al dolore che ha patito. Un ergastolo del dolore per tutti noi, mentre lui…”.
Telefonate senza risposte
In settimana papà Gianluca ha provato anche a mettersi in contatto diretto con l'istituto penale per minori di Treviso per chiedere spiegazioni, ma non ha ottenuto le risposte che cercava: “Ho chiamato, mi sono qualificato e ho chiesto di parlare conla direzione, ebbene, mi hanno chiuso il telefono in faccia”, rivela. L'avvocato della famiglia, Antonio Nebuloso, chiederà formali spiegazioni attraverso la pm Anna Di Stasio. “Quel che è accaduto è molto grave”, afferma.
Chieste verifiche
Con tutta probabilità, verrà avviata un'indagine interna al carcere minorile di Treviso. La famiglia Causo chiede inoltre “l'invio degli ispettori del ministero di Giustizia. Non si può subire un'umiliazione del genere dopo che ti ammazzano una figlia in quel modo. Altro che corsi di informatica, dovrebbe fare un corso di educazione civica visto che in un anno non ha imparato nulla. Anzi continua ad agire senza regole e senza alcun rispetto per gli altri”. Nell'istituto penale per i minorenni di Treviso, il ragazzo è recluso insieme ad altri 13 detenuti, due in più rispetto alla capienza regolamentare. Qui l'accesso ai social non è mai autorizzato, né sarebbe nella disponibilità del giovane cingalese l'uso del computer. Il sindacato di polizia penitenziaria, Spp, fa sapere che “chiederà verifiche” sui fatti denunciati. Il 24 giugno, intanto, è attesa l'ultima udienza del processo per l'omicidio di Michelle.