Pubblicato il: 17/07/2024 alle 11:24
(Adnkronos) – La Commissione europea non ha concesso al pubblico un accesso "sufficientemente ampio" ai contratti di acquisto di vaccini contro il Covid. Lo stabilisce il Tribunale dell'Ue, in una sentenza relativa a cause intentate da eurodeputati e privati cittadini contro gli estesi omissis apposti dalla Commissione ai contratti di acquisto relative ai contratti. L'infrazione riguarda in particolare le clausole dei contratti relative all’indennizzo, nonché le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei farmaci. I contratti (Apa, Advanced Purchase Agreement) sono stati stipulati tra la Commissione guidata da Ursula von der Leyen e alcune case farmaceutiche: complessivamente 2,7 mld di euro sono stati messi a disposizione per un ordine a fermo di 1 mld di dosi. Nel 2021, alcuni eurodeputati e privati cittadini hanno chiesto di accedere ai documenti, sulla base del regolamento, per assicurarsi che l'interesse pubblico fosse tutelato. L'esecutivo ha concesso un accesso parziale ai contratti, che sono stati pubblicati in versioni ampiamente oscurate, sicché gli eurodeputati e i cittadini hanno presentato al Tribunale dei ricorsi. Nelle sentenze, il Tribunale accoglie parzialmente i ricorsi e annulla le decisioni della Commissione nella parte in cui contengono "irregolarità". Quanto alle clausole dei contratti relative all’indennizzo delle case farmaceutiche da parte degli Stati membri, per eventuali risarcimenti in caso di difetto dei vaccini, il Tribunale sottolinea che il produttore è "responsabile" del danno causato da un difetto del suo prodotto e che la sua responsabilità "non può essere soppressa o limitata", nei confronti del danneggiato, da una clausola esonerativa o limitativa di responsabilità. La Corte rileva che nessuna disposizione della direttiva vieta ad un terzo di rimborsare gli importi pagati a titolo di risarcimento da un produttore a causa della difettosità del prodotto. Ricorda anche che la ragione per la quale le clausole relative all’indennizzo sono state integrate nei contratti, vale a dire compensare i rischi corsi dalle imprese farmaceutiche connessi all’abbreviazione del termine di messa a punto dei vaccini, era stata avallata dagli Stati membri ed era di dominio pubblico. Per i giudici di Lussemburgo, la Commissione non ha dimostrato che un accesso più ampio alle clausole avrebbe effettivamente nuociuto agli interessi commerciali delle imprese. Inoltre, la Commissione non ha fornito spiegazioni "sufficienti", che consentissero di capire in che modo l’accesso alle definizioni di "dolo" e di "ogni ragionevole sforzo" in alcuni contratti, e l'accesso alle clausole dei contratti relative alle donazioni e alle rivendite dei vaccini avrebbero potuto nuocere, "concretamente ed effettivamente", agli interessi commerciali delle imprese. Per quanto riguarda la tutela della vita privata delle persone, invocata dalla Commissione per negare parzialmente l’accesso alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini, il Tribunale ritiene che i privati abbiano "debitamente dimostrato" il fine di servire l’interesse pubblico. Infatti, osservano i giudici, è solo in possesso dei loro cognomi, nomi e del loro ruolo professionale o istituzionale che i ricorrenti avrebbero potuto verificare l'assenza di conflitto di interessi. Inoltre, la Commissione "non ha preso sufficientemente in considerazione" tutte le circostanze del caso, per soppesare correttamente gli interessi in gioco, connessi all’assenza di conflitto di interessi e ad un rischio di pregiudizio alla vita privata delle persone coinvolte. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)