Pubblicato il: 30/11/2013 alle 16:04
La nostra redazione ha ricevuto una lettera da Nicola Antonio Sole, un ex detenuto di Caltanissetta noto alle cronache giudiziarie per i suoi trascorsi. E' uno sfogo-appello che arriva
Nicola Soleda un osservatore privilegiato come Sole, che conosce bene il mondo carcerario per averlo vissuto dall'interno, attraverso le sbarre di una cella. Una volta lasciatosi alle spalle una struttura di reclusione, il destino di Nicola Sole e di altri come lui sparsi a Caltanissetta, in Sicilia e nel resto d'Italia si fa sempre più difficile. Ecco perché abbiamo deciso di pubblicare la sua testimonianza in un periodo in cui si parla tanto di recupero del detenuto, di carceri sovraffollate, di chi ha sbagliato e ha voglia di rimettersi in gioco ma spesso non ci riesce perché il sistema penitenziario non te lo permette dentro e la società non te lo consente fuori guardandoti con occhi diversi, di carcerati di serie A e serie B, trattati differentemente.
Ecco la lettera:
Sono un ex tossicodipendente. Dopo 20 anni di carcere, durante i quali ho vissuto in celle sovraffollate, ho compreso la gravità dei miei errori, che hanno leso più me che la società.
Ho perso i miei genitori e, a parte qualche amico, non ho nessuno. Da tanti anni sono fuori dal “brutto giro”, eppure sono stato in cella fino all'agosto del 2013 per un arretrato risalente ad un reato commesso nel '98. La giustizia, per i disperati come me, chiede sempre il conto.
A seguito di detenzione di sostanze stupefacenti, la società ha pagato oltre 120€ al giorno per tenermi in carcere: qualcosa come 750.000 euro. Non era più logico farmi fare dei corsi per imparare un mestiere o impiegarmi in lavori socialmente utili, piuttosto che tenermi chiuso in una cella a non far nulla?
Nel 2012 avrei potuto usufruire dei domiciliari o dell'affidamento in prova ai servizi sociali. Dal carcere ho scritto al mio amico Giuseppe Nicosia, che porta avanti battaglie per rendere migliori le carcere italiane.
Giuseppe ha chiesto all'Assessore Firrone (ai Servizi Sociali di Caltanissetta), all'U.E.P.E. e ad alcuni preti. Ha trovato parole di conforto che mi ha riferito via lettera, ma nulla più. Ho pazientato, attendendo il fine pena.
Ad agosto ho lasciato il carcere Malaspina, divenuto negli anni la mia residenza legale. Durante la detenzione ho perso la casa popolare ereditata da mio padre che è stata occupata e che non so come recuperare perché, fin quando ero io a dover essere punito dalla legge, allora la legge era forte; adesso che ho bisogno aiuto, la legge è impotente.
Una volta libero, grazie all'aiuto di Giuseppe e di Padre Lovetere (cappellano del carcere), ho trovato alloggio presso i locali della Provvidenza, condividendo un appartamento con F.F. (diversamente abile che usufruisce dell'aiuto della Chiesa). Durante questi mesi ho provveduto a sistemare la cucina e una presa alla quale avrei voluto attaccare il frigorifero, ma non ho potuto perché è stata staccata la corrente elettrica. Volevo anche salire sul tetto per ripararlo, dato che quando piove l'acqua entra in casa; ma mi è stato vietato per motivi di sicurezza.
Il 14 novembre ho ricevuto una lettera con timbro della Parrocchia di San Giuseppe e firma di Padre Lovetere, che mi impone di lasciare la casa entro il 30 novembre per “motivi pastorali”.
Mi sono recato all'U.E.P.E. di Caltanissetta che ha trasmesso un altra richiesta urgente (la prima protocollata a settembre) per l'attivazione di interventi per ex detenuti.
Da dicembre mi toccherà dormire fuori, e sarà anche un problema con la legge dato che ho “orario di rientro” dalle ore 21 alle ore 6; ma rientro dove?
Abbandonato prima di Natale anche da chi professa carità e pace, chiedo pubblicamente aiuto al Sindaco Campisi, all'Ass. Firrone, al Vescovo Mon. Russotto, e a tutti coloro che sono retribuiti per rendere meno amara la vita delle persone come me. Grazie in anticipo, “buone feste”.
Nicola Sole