Pubblicato il: 01/01/2014 alle 10:17
“Restero' al Quirinale solo “per un tempo non lungo”, ma prima di lasciare voglio vedere un'Italia in cui si applicano le riforme, si attua una ripresa che garantisca occupazione, si rilancia l'economia e si garantisce la stabilita'. Soprattutto, non accetto la “ridicola storia” di un Quirinale che deborda, preso da una insaziabile sete di potere, rispetto ai limiti della Costituzione”. Giorgio Napolitano arriva all'ottavo messaggio della sua presidenza e, mentre dalla Rete qualcuno fa il controcanto, punta l'indice contro le “tendenze distruttive” di tanta parte della politica e del dibattito pubblico. Tendenze “all'esasperazione, anche con espressioni violente” che giungono ad “innescare un tuttu contro tutti che lacera il tessuto istituzionale e la coesione sociale”. E' stato, esordisce il Presidente della Repubblica parlando seduto al tavolino da lavoro dello Studio alla Palazzina, un anno “pesante e inquieto”, Pesante dal punto di vista sociale, inquieto da quello politico e istituzionale. Ora deve arrivare il momento della stabilita' che genera crescita, occupazione e riforme. Sono queste le condizioni per costruire un “Paese diverso e migliore”. Un vuoto di governo, spiega riferendosi al 2013 (ma la cosa vale anche per il 2014, fa intendere immediatamente) “sarebbe stato fatale”. Cosi' come oggi “sarebbe dissennato disperdere i benefici del lavoro compiuto”, perche' “i rischi gia' corsi potrebbero riprodursi nel prossimo futuro”. Quindi basta con il “dibattito urlato”.
Lo stesso modo di fare che da qualche tempo lo riguarda addirittura in prima persona. Circola, spiega con voce rauca ma con il tono molto piccato, “una ridicola storia” incentrata sulle “mie pretese di strapotere personale”. “Nessuno puo' credervi”, scandisce, “io sono attento a considerare ogni critica e riserva, obiettiva e rispettosa, circa il mio operato. Ma in assoluta tranquillita' di coscienza dico che non mi lascero' condizionare da campagne calunniose, da ingiurie o minacce”. Proprio per questo, pare di capire, il Capo dello Stato torna ad elencare i punti della prossima azione della politica, precisando che solo dopo la loro realizzazione – come promesso – abbandonera' la scena politica. “Guardiamo insieme al malessere diffuso, alla ‘fatica sociale'”, premette leggendo cinque delle migliaia di lettere di comuni cittadini che gli arrivano continuamente sulla scrivania. Storie di difficolta' quotidiane, di momenti di disperazione, di un'Italia che vorrebbe avere mille euro al mese. Una situazione che richiede un “disegno di sviluppo nazionale e di giustizia sociale da proiettare in un orizzonte piu' lungo”. Attraverso “lungimiranti e continuative scelte di governo” appoggiate da un Parlamento “oggi piu' che mai bisognoso di nuove regole per riguadagnare il suo ruolo centrale”. Il contrario, insomma, dello spettacolo degli ultimi mesi, in cui la crisi economica rischiava di intrecciarsi con “un vuoto di governo ed un vuoto di vertice dello Stato”, con il pericolo di un “fatale colpo per la finanza del Paese ma anche per lo stesso sistema democratico”.
Un rischio che potrebbe ripresentarsi. Per questo “sarebbe dissennato disperdere i benefici del difficile cammino compiuto”. E “la nostra democrazia, che ha rischiato e puo' rischiare una nuova destabilizzazione, va rinnovata attraverso riforme obbligate e urgenti”