Pubblicato il: 24/10/2024 alle 09:56
(Adnkronos) – Lo storico Sergio Luzzatto, autore del volume "Dolore e furore. Una storia delle Brigate Rosse" (Einaudi), è il vincitore dell'XI edizione del Premio Friuli Storia. La cerimonia di consegna si terrà sabato 26 ottobre, alle 18.00, a Udine, presso l'Auditorium del Centro culturale delle Grazie (via Pracchiuso, 21). Durante l'evento intitolato "Brigate Rosse. Sangue sulla Repubblica" Luzzatto dialogherà con il direttore del quotidiano "Il Secolo XIX", Michele Brambilla, autore del volume "L'eskimo in redazione. Quando le Brigate Rosse erano sedicent" (Ares). Introdurrà l'incontro il presidente di Friuli Storia, lo storico, saggista ed editorialista Ernesto Galli della Loggia. Alla cerimonia interverranno anche gli altri due finalisti del premio: Michele Todero (con "Terra irredenta, terra incognita. L'ora delle armi al confine orientale d'Italia 1914-1918", Laterza) e Filippo Triola (con "L'orologio del potere. Stato e misura del tempo nell'Italia contemporanea 1749-1922", Mulino) insieme ai membri della giuria scientifica e i rappresentanti degli editori in concorso. Il volume di Luzzatto ha ricevuto il 52% dei voti della giuria popolare, aggiudicandosi così con ampio margine la vittoria. L'opera racconta l'Italia delle Brigate rosse e lo storico ha adottato un fil rouge biografico e, insieme, una prospettiva corale. Il filo rosso viene dalla vita, sanguinosa quanto breve, dell'ex marinaio Riccardo Dura: colui che, sparando al cuore dell'operaio comunista Guido Rossa, cambiò per sempre sia la storia delle Br, sia la storia d'Italia. E che, trucidato dalle forze dell'ordine, suo malgrado appose al terrorismo di sinistra l'ambiguo sigillo del martirio. La prospettiva corale viene dai volti e dalle voci di Genova, la città dove tutto inizia e dove tutto finisce. La storia della lotta armata va compresa guardando, più che al singolo, ai molti. E guardando indietro, all'Italia degli anni Sessanta, altrettanto che all'Italia degli anni Settanta. Con temi come l'immigrazione, la famiglia, la scuola, la fabbrica, i movimenti, la piazza, l'università e il carcere. Afferma Sergio Luzzatto: "il libro nasce anche dal dubbio sui maestri, se fossero effettivamente dei cattivi maestri o se il movimento estremista della lotta armata fosse andato avanti per conto suo, indipendentemente dalle lezioni che quei ragazzi avevano appreso nel mondo dell'università o altrove. Ma c'era pure un altro aspetto che mi è sembrato da subito interessante: il motivo per cui la lotta armata abbia avuto successo in Italia, e in parte in Germania, ma non altrove, dentro a una temperie come quella del Sessantotto che era invece internazionale. L'Italia dal punto di vista del movimento ha seguito una dinamica che ha coinvolto tutto l'occidente. Poi però la dimensione del terrorismo ha colpito l'Italia in maniera più severa che altrove. Quindi mi sono chiesto perchè quel movimento – per molti aspetti emancipatore, libertario e progressivo – che è stato il Sessantotto sia diventato sempre di più un'altra cosa, e perché sia successo proprio in Italia e non altrove". "Il mio libro si apre con due loro lettere, scritte nel 1969-1970: entrambi parlano del progetto di fondare una società comunista. Dieci anni dopo uno sparerà all'altro, a un 'compagno' operaio e comunista come lui. Cos'è successo nel frattempo? Com'è possibile che la storia di un decennio si sia concentrata nella biografia di poche persone e di una città, persino ad un certo punto di una sola strada, via Fracchia, quella dove si daranno appuntamento e dove ci sarà l'omicidio? Mi è sembrato che tutto questo dolore e tutto questo furore potessero essere raccontati solo così, mettendo a fuoco questi personaggi e facendo una storia locale", conclude Luzzatto. (di Paolo Martini) —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)