Pubblicato il: 06/02/2014 alle 09:51
L'ex steward della Ryanair ha deciso di uscire allo scoperto e raccontare la sua verità. Dall'estero dove si trova per ragioni di lavoro, per la prima volta il nisseno di 36 anni vuole dire la sua, chiarire alcune circostanze e per questo ha contattato la redazione di Seguonews. Lui venne sequestrato nel 2009 in una villa alla periferia del capoluogo nisseno, minacciato e picchiato perché scucisse circa 5mila euro, alcuni dei quali in sterline.
Vicenda per la quale sono stati arrestati i nisseni Eros Bruzzaniti e Antonino Ferraro, accusati dal pentito Elia Di Gati che partecipò al sequestro a scopo estorsivo dell'allora assistente di volo. Di recente la Procura ha chiuso l'inchiesta a carico dei tre indagati e tra non molto chiederà il rinvio a giudizio. Adesso l'ex dipendente della compagnia aerea ha scritto alla nostra redazione, chiedendo di poter raccontare la propria versione dei fatti che pubblichiamo integralmente.
“Ritengo di dovere fare delle piccole rettifiche su quello che e’ stato scritto e detto in merito all’increscioso fatto accaduto nel 2009. Bene, sono consapevole del fatto che secondo alcuni non dovrei parlare, essendoci in corso un procedimento penale, ma la vittima sono io stesso ed esigo che si dica la verità tutta e non distorta su quello che realmente e’ successo in quel tempo. Confermo che il sequestro e’ stato effettivamente portato in atto, ma ritengo di affermare che non ho subito alcuna aggressione fisica, le minacce ci sono state ma indirette, ossia che ci stavano altri dietro di loro appartenenti a Cosa Nostra Nissena. Voglio precisare che l’artefice di tutto e’ stato a mio avviso il Di Gati, infatti io conoscevo personalmente soltanto Eros Bruzzaniti, avendolo visto crescere all’oratorio, visto i miei trascorsi come educatore sportivo salesiano, infatti rimasi impietrito e meravigliato averlo visto insieme al Di Gati prelevarmi dalla villa di un mio amico. Tuttavia voglio ribadire che il Di Gati di fronte ad un mio accenno di rifiuto, provo’ ad aggredirmi, ma fu lo stesso Eros a fermarlo. Inoltre riguardo al mio appellativo di “u Parrinu” vorrei specificare che ero conosciuto con questo appellativo non soltanto per i miei trascorsi al seminario vescovile, ma soprattutto per il mio precedente lavoro come predicatore evangelico in una chiesa avendo ottenuto la laurea in Teologia a Roma. Tornando al sequestro inoltre e’ vero che riuscii a barricarmi in casa e non cedere alle pressioni del Di Gati a dare tutti i miei soldi a lui, ma e’ anche vero che il Di Gati stesso cerco’ di incendiarmi l’auto lasciata giù con le chiavi appese, ma grazie ad amici che erano accorsi riuscirono a fermarlo dall’intento. Quella sera stessa avendo molta paura non di loro ma di chi gli stava dietro. Non chiamai la polizia, ma ritenni di chiamare un caro amico di famiglia che mi aveva visto crescere e che io chiamavo zio. Nino Ferraro non rispose al cellulare quella sera ma l’indomani venne giù a casa mia. Era venuto contemporaneamente pure il Di Gati che non appena scesi giù per parlare con Nino Ferraro provo’ ad aggredirmi ma il Ferraro lo fermo’. Quando il Di Gati ando’ via parlai con Nino e mi disse che quello era pericoloso e pazzo e che era meglio per me dargli qualcosa per evitare ripercussioni. Allora io salii a casa con lui e diedi quella somma al Ferraro che avrebbe dovuto consegnare lui stesso al Di Gati. Infatti quando il Ferraro andò via da casa mia, dalla finestra vidi che giù era ritornato il Di Gati, e notai che il Ferraro consegno’ i soldi al Di Gati stesso. Inoltre il computer che io consegnai al Ferraro non era come scritto e detto per il figlio Giuseppe che era un mio amico ma era per lo stesso Di Gati che ne aveva fatto richiesta essendo forse non soddisfatto di quella somma estortami”.