Pubblicato il: 04/05/2014 alle 12:36
Va confiscato il patrimonio stimato in oltre 4 milioni di euro appartenente a due imprenditrici, madre e figlia, titolari di un'azienda agricola a Resuttano, nel Nisseno, e che secondo la Procura di Caltanissetta avrebbero gestito un giro di mezzi agricoli rubati sull'asse Sicilia-Lombardia. La richiesta che i beni di Maria Dell'Edera e della figlia Katia La Placa passino allo Stato è stata avanzata dal pubblico ministero Cristina Lucchini, ma il “tesoretto” intestato alle due donne sarebbe stato accumulato nell'ultimo ventennio dal capo famiglia, l'allevatore Vincenzo La Placa, morto cinque anni fa.
L'indagine patrimoniale della Guardia di Finanza denominata “Cane sciolto” è scattata due anni fa sulla scia di un'inchiesta della Polizia Stradale di Caltanissetta che ha portato all'arresto di madre e figlia con l'accusa di aver riciclato trattori e camion rubati. Attività illecita che, secondo il dossier della Polstrada, avrebbe gestito in passato proprio Vincenzo La Placa accumulando così capitali illeciti poi investiti in immobili e società. Adesso la Procura nissena chiede la confisca di aziende, ville, terreni, altre imprese e quote societarie sparse tra Caltanissetta, Palermo, Enna e persino in Brianza e in Campania. Il Pm Lucchini, inoltre ha sollecitato il Tribunale misure di prevenzione a irrogare 3 anni e 6 mesi di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a carico di Katia La Placa e 3 anni, della stessa misura, per Maria Dell’Edera.
L'entità dei beni sequestrati, secondo le stime della magistratura, ammonta a oltre quattro milioni e mezzo di euro. Ma il valore, secondo l'avvocato Antonio Impellizzeri che assiste madre e figlia, sarebbe assai inferiore. Di contro la difesa ha sollecitato la riconsegna del patrimonio alle due imprenditrici e, in subordine, la restituzione dei beni che sono entrati nel patrimonio di famiglia prima del 1986, periodo in cui – secondo la tesi della difesa – ha centrato l’attenzione l’indagine dei periti. L'ultima parola adesso tocca ai giudici. FOTO ARCHIVIO