Pubblicato il: 10/05/2014 alle 19:42
di Samanta Carrubba
Il Decreto Legislativo 25 gennaio 2010, n. 5 attuativo della Direttiva CE/54/2006, sull’ attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, punta la sua attenzione sul principio antidiscriminatorio di genere in materia di occupazione, lavoro e retribuzione.
La famiglia costituisce uno degli ostacoli più insormontabili per una donna che lavora. I tempi del lavoro moderno ed i tempi della famiglia non coincidono. La cura dei figli, del coniuge e della famiglia in generale è affidata e delegata interamente anche alla donna lavoratrice, che deve riuscire a conciliare i propri impegni professionali, con quelli familiari.
Spesso purtroppo capita che ciò costituisca una discriminante per i datori di lavoro, sia al momento dell'assunzione (non è raro che durante un colloquio di lavoro venga richiesto alla candidata se è sposata, ha figli o intende averne), sia al momento della promozione e della retribuzione.
Secondo quanto affermato dall’ISTAT, le donne hanno maggiori responsabilità di cura dei figli rispetto agli uomini (42,3% contro il 34,5%) e anche per questo risulta più bassa la loro partecipazione al mercato del lavoro. Tra le madri di 25-54 anni, la quota di occupate è pari al 55,5%, mentre tra i padri raggiunge il 90,6%.
Dall'ultimo Rapporto sulla coesione sociale di Istat, Inps e Ministero del Lavoro emerge che una neo mamma su quattro, perde il lavoro quando rimane incinta e, a due anni dal parto, il 22% delle donne italiane non ha più il proprio posto di lavoro.
Sarebbe opportuno rendere consapevoli le donne-mamme lavoratrici attraverso la diffusione di informazioni utili per accedere agli strumenti di sostegno alla maternità (asili nido aziendali, possibilità di lavoro part-time, telelavoro) e l’offerta di occasioni di formazione, rivolte anche ai loro partner, per la condivisione delle responsabilità del management familiare.