Pubblicato il: 13/02/2025 alle 10:44
Non ha aiutato l’amico a uccidersi premendo il grilletto insieme a lui. No. La sua assoluzione, ora, lo ha sancito. L’ombra della colpevolezza, che nei precedenti processi era scesa su un ragazzino, è stata scacciata adesso nell’appello “bis”. Con un colpo di spugna alla sua condanna per istigazione al suicidio.
Così s’è pronunciata la corte d’Appello per i minorenni di Palermo nei confronti di un allora diciassettenne, oggi ventenne, (difeso dall’avvocato Gaetano Giunta) che è stato accusato di non avere impedito all’amico di farla finita. E che tanto in primo, quanto in secondo grado, è stato condannato a due anni, due mesi e venti giorni di reclusione.
Colpevolezza, quella sentenziata nei precedenti gradi del giudizio e poi messa in discussione dalla Cassazione, legata alla morte dell’allora ventiseienne (nella foto) Mirko Antonio La Mendola (i familiari sono assistiti dall’avvocato Rosario Didato) che una sera d‘agosto di quattro anni fa ha deciso di chiudere il conto con la vita presumibilmente, secondo le indagini, dopo la cocente delusione legata all’esclusione da un concorso in polizia.
Ora la Corte presieduta da Giovanni D’Antoni (a latere Angelo Piraino e Ivana Francesca Mancuso, esperti Fabio Seminario e Rosanna Novelli) ha assolto il ragazzo perché «il fatto non sussiste». Esattamente come prospettato dalla difesa. Mentre, di contro, la procura generale rappresentata dal sostituto Luisa Lo Verso , ha chiesto la conferma del verdetto di condanna emesso sia in primo che in secondo grado e poi annullato, con rinvio, dalla Cassazione. È la sera del 25 agosto di quattro anni fa , sulla spiaggia di Punta Grande, tra Porto Empedocle e Realmonte, che s’è consumata la tragedia.
Secondo la tesi accusatoria l’allora diciassettenne sarebbe rimasto accanto all’amico fino all’ultimo istante, ma senza neanche tentare di dissuaderlo o d’impedirgli di compiere l’estremo gesto. Anzi, sempre secondo gli inquirenti, lo avrebbe pure assistito.Fin qui l’accusa. Sì, perché la tesi della difesa ha fin da subito sconfessato la ricostruzione degli inquirenti evidenziando, semmai, come alcuni messaggi inviati dalla vittima al ragazzo confermerebbero il suo fermo proposito di farla finita. E che piuttosto, l’allora minorenne, avrebbe fatto di tutto per tentare di dissuadere l’amico dal commettere l’irreparabile. Ma nel momento in cui dalla spiaggia sarebbe salito in macchina giusto il tempo di recuperare le cartine per confezionare una sigaretta, in quei frangenti, ha udito lo sparo. Sarebbe corso giù, dall’amico, chiamando immediatamente i soccorsi. Ma ormai per il ventiseienne non c’era più nulla da fare. Il suo cuore s’era già fermato per sempre.