Pubblicato il: 07/06/2014 alle 07:46
Ufficialmente lavoravano come netturbini, ma in realtà erano ai vertici di “una pericolosa cosca della mafia siciliana”. Èl'accusa contestata a cinque operatori ecologici, ritenuti capi e luogotenenti del clan, arrestati da carabinieri del comando provinciale di Ragusa. Sono tutti dipendenti della stessa ditta, della quale secondo l'accusa “avevano di fatto preso il controllo”, incaricata della raccolta di rifiuti urbani per il Comune di Scicli, paese Ibleo patrimonio dell'Unesco e il cui municipio è stato la location esterna del commissariato di polizia di Vigata e stanza del sindaco era l'ufficio del Questore nelle prime puntate della serie televisiva sul commissario Montalbano.
Il provvedimento restrittivo è stato emesso su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania e ipotizza i reti di associazione mafiosa, estorsioni, truffe e violenze private e furto aggravato. Dalle indagini dei carabinieri di Ragusa, sarebbe emerso che la cosca, “approfittando dell'assenza di sodalizi concorrenti ormai decimati da precedenti inchieste giudiziarie e forte dei legami con esponenti delle famiglie mafiose catanesi”, si stava “insediando nel tessuto socio-economico di Scicli per assumere il predominio delle attività criminali nel territorio e infiltrarsi nelle attività d'impresa, attraverso violenze e pesanti intimidazioni”.
Tra queste: telefonate con minacce di morte, recapito di proiettili, contenitori di benzina collocati davanti le aziende che subivano anche furti e danneggiamenti di veicoli sui quali venivano lasciati topi morti. Altre sei persone rimangono indagate in stato di libertà nell'ambito dell'operazione denominata Eco.
Un vero e proprio clan a gestione familiare: tra i destinatari del provvedimento emesso dal Gip di Catania, su richiesta della Dda della Procura etnea, ci sono, infatti, Franco Mormina, 45 anni, suo figlio Ignazio, di 26 anni, e suo fratello Gianni, di 46. Arrestato anche Ugo Lutri, di 54 anni, mentre l'ordine di custodia cautelare è stato notificato in carcere a Giacono Fidone, di 45 anni.
Secondo l'accusa, al vertice del gruppo ci sarebbe stato Franco Mormina, che, scrivono i carabinieri di Ragusa, “è stato in grado di farsi, prima, assumere come netturbino a tempo determinato, poi di ottenere un contratto a tempo indeterminato e infine di avere ben tre promozioni al livello superiore, con conseguenti aumenti di stipendi” e di “assumere di fatto il ruolo di capocantiere nell'azienda, impedendo alle persone, di volta in volta, designate dalla dirigenza di svolgere le proprie mansioni di coordinamento e controllo sulle attività di raccolta rifiuti servendosi di ripetute violenze, minacce e atti intimidatori”.
L'uomo, inoltre, avrebbe anche imposto l'assunzione di quattro persone, tutte suoi parenti o amici. Il gruppo avrebbe preso di mira la ditta di raccolta rifiuti per la quale lavoravano, truffandola anche nelle spese per i carburanti dei mezzi, procurando un danno mensile all'impresa stimato dai militari dell'Arma in circa 15mila euro.