Pubblicato il: 27/06/2014 alle 15:55
Un ergastolo, altre cinque condanne e un'assoluzione. S'è chiuso con questo verdetto il processo Nuovo Mandamento sulla cosiddetta faida del caro estinto a San Cataldo. Oggi la Corte d'assise d'appello di Caltanissetta ha confermato l'ergastolo per Cosimo Di Forte, ritenuto il mandante dell'agguato a Totò Calì, titolare di una agenzia di pompe funebri freddato sotto casa la sera del 27 dicembre 2008, e di aver avuto un ruolo nella fallita imboscata al nipote della vittima, Stefano Mosca, ferito nell'agenzia di onoranze funerarie gestita con i fratelli.
Di Forte, secondo l'inchiesta dei carabinieri del Reparto operativo, è ritenuto il capo della emergente cosca dei pastori che – secondo i magistrati della Dda nissena – voleva uccidere i vecchi capi mafia del Nisseno e gestire il monopolio dei funerali insieme all'impresario sancataldese Dino Calì, parente delle due vittime, condannato a 20 anni nel processo stralcio come mandante.
I giudici d'appello, inoltre, hanno ridotto la pena a 15 anni a Patrizio Calabrò (condannato in primo gradi a 16 anni e 6 mesi) ritenuto uno dei tre membri del commando che ferirono Mosca a fucilate. Scende da 9 anni a 7 anni la pena per il sancataldese Calogero Ferrara, accusato di aver fatto parte della cosca mafiosa. Confermata la condanna per possesso illecito d'armi alla sommatinese Angela Cianci, che nascondeva un revolver nel divano di casa, e al collaboratore di giustizia Giuseppe Taverna, anche lui accusato di detenzione di armi. Al riesino Liborio Gianluca Pillitteri (che era stato assolto in primo grado dall'accusa di associazione mafiosa) è stata confermata la libertà vigilata di 2 anni dopo la riqualifica del capo d'accusa in proposito criminoso. Unica assolta per non aver commesso il fatto è stata la sommatinese Maria Indorato, che nel processo di primo grado era stata condannata a 1 anno e 5 mesi per il possesso di un arsenale a disposizione del clan nascosto nell'ovile dal marito Gioacchino Mastrosimone e dal figlio Salvatore, entrambi pentiti e condannati in un altro processo.
La corte d'assise d'appello ha confermato o elevato i risarcimenti per le parti civili, in favore dei familiari di Totò Calì, di Stefano Mosca, dell'associazione antiracket “Rosario Livatino” e del ministero dell'Interno.