Pubblicato il: 25/09/2014 alle 10:17
La Corte d’Assise di Milano ha assolto la prostituta albanese di 22 anni, Fize Lushi, dall’accusa di aver ucciso un cliente dopo un rapporto sessuale. Il corpo della vittima, Salvatore Cercabene, infermiere di 48 anni originario di Riesi, era stato rinvenuto seminudo all’interno della sua Audi A3 il 21 giugno del 2012 alla periferia di Milano, in zona Bruzzano. Il pm di Milano Maura Ripamonti aveva chiesto una condanna a 15 anni di reclusione.
Il collegio presieduto dal giudice Guido Piffer ha assolto la donna, scoppiata in lacrime alla lettura della sentenza, perche’ “il fatto non costituisce reato”. La ragazza era stata fermata con l’accusa di omicidio in seguito alle indagini dei carabinieri di Milano e del Ris di Parma, quasi un anno dopo il ritrovamento del corpo di Cercabene. Gli avvocati Marziano Pontin e Giovanni Marinosci hanno chiesto l’assoluzione della prostituta, che ha sempre sostenuto di essere stata picchiata dall’uomo e poi narcotizzata. Quando si e’ svegliata, ha raccontato, si è accorta che l’uomo era morto ed è fuggita.
Dagli esiti di una perizia chiesta dalla difesa, pero’, non sono emerse tracce di sostanze narcotizzanti all’interno di una bottiglia di plastica ‘sospetta’ ritrovata nelll’auto della vittima. Sul corpo di Salvatore Cercabene in un primo momento non erano stati rilevati segni evidenti di violenza. L’uomo, secondo gli accertamenti, e’ stato colpito alla testa con un corpo contundente e sarebbe morto per asfissia, forse dovuta a uno strangolamento.
Se l’è cavata praticamente a sua insaputa la “lucciola” albanese accusata di aver ucciso Cercabene. Assolta – hanno concluso i giudici – perché c’è il dubbio che abbia agito per legittima difesa reagendo ad un’aggressione subita. Anche se lei in realtà non l’ha mai detto e, anzi, l’ha sempre negato, raccontando versioni fantasiose e prive di qualunque riscontro. L’autopsia rivelò che non era infarto ma omicidio per “asfissia meccanica”: collo schiacciato tra sedile e predellino e qualcuno con le ginocchia sulla schiena a impedirgli di respirare. Grazie alle telecamere sul luogo – una via di Bruzzano, periferia della metropoli – i carabinieri individuarono la prostituta che era uscita da quell’auto nuda in piena notte e se l’era filata spaventata, con un cellulare all’orecchio. Così arrivarono a Fize. Il movente però è rimasto un mistero. E Cercabene aveva sulle spalle una condanna a 6 anni per aver narcotizzato e picchiato un’altra “lucciola”.
Un precedente che ha pesato e che insieme ad altri elementi – i segni di colluttazione, alcuni monili della donna ritrovati nell’auto, pezzi di nastro adesivo con peli attaccati – ha spinto la Corte a ritenere “plausibilmente prospettabile la legittima difesa al fine di contrastare un’aggressione da parte dell’imputata”. Certo, né la ragazza né i suoi avvocati l’hanno mai invocata, sostenendo piuttosto (ma senza prove) che Fize sarebbe stata narcotizzata e si sarebbe risvegliata e fuggita mentre l’uomo dormiva. Ed è rimasto anche l’ulteriore dubbio sull’eventuale coinvolgimento nella vicenda di un fantomatico “fidanzato” della ragazza, viste le tracce anche di un dna maschile sul corpo della vittima. Ma i giudici hanno osservato, in definitiva, che “le incertezze sulla ricostruzione” dei fatti determinano una situazione di inevitabile “incertezza probatoria”. Nessuna prova sicura nemmeno sulla legittima difesa, dunque. Ma nel dubbio, la Corte – presidente Guido Piffer – non ha potuto far altro che imboccare la strada più favorevole all’imputata e assolverla.