Pubblicato il: 04/11/2014 alle 18:08
Dino Calì
Vanno confermate le condanne nei confronti di tre imputati accusati di aver avuto un ruolo nella faida del caro estinto a San Cataldo. Oggi il sostituto procuratore generale della Cassazione ha chiesto la conferma di tre condanne emesse dalla Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta, in particolare la pena a 20 anni di carcere per l'impresario di pompe funebri Dino Calì (difeso dall'avvocato Antonio Impellizzeri) accusato di essere il mandante dell'omicidio del cugino e concorrente Salvatore Calì, ucciso davanti la sua agenzia di onoranze funebri la sera del 27 dicembre del 2008 a San Cataldo.
Dino Calì – al quale di recente sono stati confiscati i beni – è anche accusato di associazione mafiosa e del possesso di un arsenale, in particolare di aver fatto parte di un clan emergente che – secondo la tesi della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta e dei carabinieri – voleva soppiantare i vecchi mafiosi. L'accusa ha inoltre chiesto la conferma della condanna a 10 anni di reclusione per il pastore Enzo Mancuso, anche lui accusato di essere un affiliato alla cosca e di essere uno dei tre membri del commando che il 28 novembre del 2009 tentò di uccidere Stefano Mosca, anche lui titolare insieme ai fratelli di un'agenzia di pompe funebri in città e nipote di Totò Calì. Ultima condanna a 4 anni e 8 mesi che il pg ha chiesto di confermare riguarda Salvatore Lombardo (difeso dall'avvocato Pietro Sorce), tirato in ballo soltanto per associazione mafiosa.
Alle richieste dell'accusa si sono associati i difensori delle vittime che si sono costituite parte civile, i familiari di Totò Calì e Stefano Mosca, in particolare gli avvocati Raffale Palermo che assiste anche l'associazione antiracket “Rosario Livatino” e Rossella Giannone. Nelle prossime ore è atteso il verdetto della Cassazione, che dovrà esprimersi sulle posizioni dei tre imputati.
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