Pubblicato il: 08/01/2014 alle 09:40
“Fate la guerra e vi sparate addosso”. Questo è, secondo l’immaginario collettivo, la percezione trasmessa da chi non conosce le regole e i valori che si racchiudono in Softair.
La Prima compagnia Echo, associazione regina del settore nisseno composta da 20 operatori effettivi, si anima immediatamente se qualcuno definisce lo sport che praticano come un “gioco violento”. L’attività, utilizzata anche nelle sessioni di gruppo di psicologia aziendale, stimola la coesione tra i partecipanti che, dovendosi fidare e affidare l’uno all’altro, si trasformano in una famiglia.
“Se avessi ricevuto un euro per ogni volta che ho sentito parlare di Softair esclusivamente come un gioco pericoloso in cui creano scontri fra due o più squadre adesso sarei ricco” commenta ironicamente Sandro Di Carlo, segretario del gruppo nisseno.
Gli allenamenti settimanali – generalmente organizzati la domenica per dare spazio a tutti di partecipare – e le competizioni agonistiche di 24 o 48 ore disputate anche con squadre provenienti da diverse Regioni non fanno altro che risvegliare valori positivi di amicizia (seria e sincera rafforzata dai pranzi che seguono le partite), rispetto della natura (del bosco o del terreno di gioco utilizzato), disciplina e, soprattutto, onestà nei confronti dei propri compagni e degli avversari.
Le squadre di Softair pianificano un obiettivo e cercano di portarlo a termine attraverso l’elaborazione di strategie tattiche. I pallini (rigorosamente biodegradabili) utilizzati durante le missioni per colpire non lasciano alcun segno sulla tuta del bersaglio umano ed è soltanto il concorrente della squadra avversaria che può confermare, con lealtà, di essere stato centrato dal Soft Air Gun (il fucile utilizzato).
In una squadra non esiste solo la figura del capitano ma, per portare a termine la missione va pianificata una strategia che richiede la presenza del cartografo e – solo per citarne alcuni – di responsabili di tattiche di assalto, difesa, liberazione dell’ostaggio, disinnesco ordigni, recupero documenti, scorta VIP.
“Appare evidente come viene curato molto l’aspetto tattico-organizzativo, che ci permette di ricreare, nel modo più fedele possibile, il vero corpo militare armato” commenta il preparatore tattico nisseno Roberto Averna .
Il vice presidente della Prima Compagnia Echo, Michele Capizzi, invita tutti coloro siano ancora convinti che si tratti di un “gioco violento, abominevole, che ricrea la tanto odiata guerra che tutti i popoli ripudiano, in cui orde di ragazzini appena maggiorenni e conciati come militari si sparano addosso con armi giocattolo, riempiendo i boschi di orrendi pallini bianchi”, a partecipare a una esercitazione per scoprire, di persona, una realtà completamente diversa.
Inutile negare che una componente fondamentale del gioco è quella di “spararsi addosso” – conclude il presidente Massimo Di Gloria – ma questo accade sempre nel rispetto delle misure di sicurezza e facendo attenzione a non colpire parti non protette dall’equipaggiamento di base (mimetica, elmetto, visore notturno e altro ancora).
Softair non è l’unico sport in cui si utilizza un’arma; tra le discipline agonistiche olimpioniche l’Italia ha primeggiato anche con la scherma e il tiro e, addirittura, per Londra 2012 la campionessa Valentina Vezzali è stata insignita dell’onore di portare la bandiera italiana. Perché rimanere arroccati in pregiudizi ottocenteschi e puntare il dito contro Softair?