L'Ente acquedotti siciliani – Eas – dovrà risarcire il danno legato alla mancata fornitura di acqua potabile nel periodo in cui il comune di Gela aveva ordinato alla cittadinanza di astenersi dall'uso dell'acqua potabile, “in quanto i parametri chimici e i caratteri organolettici erano difformi da quelli previsti dalla legge”. Il danno era già stato quantificato dal giudice di pace di Gela, nel settembre 2004, per una somma pari a 853 euro.
In particolare, la Suprema Corte, bocciando il ricorso dell'Ente acquedotti siciliani che sosteneva che l'impossibilità della prestazione fosse da imputare alla Raffineria di Gela, ha sottolineato che “la decisione impugnata appare meritevole di conferma per avere posto in evidenza, da un lato, l'estraneità della raffineria al contratto di somministrazione, e, dall'altro, per avere correttamente richiamato il principio secondo cui il debitore, in quanto tenuto a dimostrare di non aver potuto adempiere la prestazione dovuta per causa a lui non imputabile, non può limitarsi ad eccepire la semplice difficoltà della prestazione o il fatto ostativo del terzo, ma deve provare di avere impiegato la necessaria diligenza per rimuovere gli ostacoli frapposti all'esatto adempimento”.
“Non risultando che il contratto di somministrazione prevedesse esclusivamente la fornitura di acqua dissalata, – osserva ancora piazza Cavour – manca qualsiasi riferimento ad un'attività doverosamente diligente per superare le difficoltà che si frapponevano all'esatto adempimento, così come non è stata neppure dedotta l'oggettiva impossibilità di ricorrere ad approvvigionamenti alternativi per eseguire le prestazioni dovute”.