A Livatino e al giudice Saetta è intitolata l'aula magna del Palazzo di Giustizia di Caltanissetta
Ricorre oggi il 26esimo anniversario dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990 nell’agrigentino. Laureatosi a soli 22 anni in giurisprudenza, il “giudice ragazzino”, così come era stato soprannominato per la sua giovane età, era entrato subito nel mondo del lavoro vincendo il concorso per vicedirettore in prova presso la sede dell’Ufficio del Registro di Agrigento dove restò dall’1 dicembre 1977 al 17 luglio 1978. Aveva superato infatti un concorso in magistratura diventando uditore giudiziario a Caltanissetta. Livatino fu ucciso, in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre sul viadotto Gasena, lungo la strada statale 640 Agrigento-Caltanissetta, mentre – senza scorta, con la sua Ford Fiesta amaranto – si recava in Tribunale. Per la sua morte sono stati individuati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i mandanti che sono stati tutti condannati in tre diversi processi nei vari gradi di giudizio all’ergastolo, con pene ridotte per i “collaboranti”. Nella sua attività Livatino si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni.
Il 19 luglio 2011 è stato firmato dall’arcivescovo di Agrigento il decreto per l’avvio del processo diocesano di beatificazione, aperto ufficialmente il 21 settembre 2011 nella chiesa di San Domenico di Canicattì.
“All’epoca del delitto ero a Roma, alla commissione antimafia. Ancora sconvolto chiamai Falcone: insieme andammo a dare l’ultimo saluto a quel ragazzo siciliano così brillante che aveva onorato per oltre dieci anni il suo lavoro di magistrato”. Lo scrive sulla sua pagina Facebook il presidente del Senato Pietro Grasso ricordando il giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia a soli 37 anni.
“Livatino aveva una fede incrollabile e un altissimo senso della giustizia – ricorda Grasso -. Diceva: ‘Non vi sarà chiesto se siete stati credenti ma se siete stati credibili’. Le sue parole, la sua vita, lo hanno reso un punto di riferimento ideale per tutti coloro, magistrati e non, che credono nella legalità”.