Pubblicato il: 11/06/2017 alle 13:51
Non sarebbero esenti da responsabilità per la morte di una giovane arrivata in ospedale dopo un incidente stradale e spirata la stessa sera. E contro l'assistenza sanitaria offerta alla paziente, poi deceduta, che ha puntato l'indice la procura. La stessa magistratura che ha chiesto il rinvio a giudizio di sei medici dell'ospedale Sant'Elia. Per un fascicolo che prima ha inglobato altri nomi, sempre di "camici bianchi", poi usciti fuori sull'onda di perizie in qualche modo contrapposte, mentre altri indagati si sono aggiunti in extremis. Ora in udienza preliminare saranno chiamati in sei. Sono stati tirati in ballo per il decesso della ventinovenne di Palma di Montechiaro, Viviana Meli, coinvolta in un incidente stradale le cui conseguenze, poi, si sarebbero rivelate fatali. I falimiari della ragazza il padre Tommaso Meli (assistito dall'avvocato Loredana Gueli), la madre, Maria Angela Liliana Cantavenera (assistita dall'avvocato Giuseppe Cantavenere) e il fratello Matteo Christian Meli (assistito dall'avvocato Francesco Scopelliti) dovrebbero chiedere di costituirsi parte civile. A carico dei sei professionisti, che a fine mese saranno chiamati al cospetto del Gup Antonia Leone, i sostituti procuratori Sofia Scapellato (e in origine anche Daniele Paci) hanno ipotizzato il reato di omicidio colposo. Alla base della vicenda vi è l'incidente stradale in cui la ragazza la mattina del 14 settembre del 2012 è rimasta coinvolta. Viaggiava su una Renault Twingo guidata da un'amica 31enne – pure lei indagata in altro procedimento – e stavano percorrendo la statale 115 tra Agrigento e Palma di Montechiaro. L'utilitaria, d'improvviso, è uscita di strada. Ad avere la peggio è stata la sfortunata passeggera che ai primi soccorritori è apparsa già in delicatissime condizioni di salute. E' stata immediatamente trasferita al "Sant'Elia" dove le sarebbe stata diagnosticata una emorragia interna, problemi urologici e la frattura del femore destro. Sarebbe stata d'urgenza accompagnata in sala operatoria, in urologia, laddove in quel momento v'era una equipe di ortopedici per via della momentanea indisponibilità del loro gruppo operatorio. Così la donna che avrebbe dovuto subire l'inteervento ortopedico sarebbe stata rimandata in corsia per provvedere al caso più urgente della ragazza rimasta ferita nell'incidente. Ma l'urologa – secondo la ricostruzione dell'accusa – in quel frangente avrebbe ritenuto che non vi sarebbe stata alcuna urgenza di quella natura per andare sotto i ferri. E, piuttosto, la ragazza sarebbe stata operata dagli ortopedici per ricomporre la frattura al femore destro che – sarebbe stato ritenuto – avrebbe potuto provocare pericolose recisioni. Ma la sera, quando mancava un quarto d'ora alla mezzanotte di quel 14 settembre 2012, il cuore della giovane Viviana Meli s'è fermato per sempre. E secondo l'accusa nelle ore precedenti "nonostante emergesse un quadro di grave emorragia, con altre complicanze, non veniva adeguatamente trattata". Nella fase embrionale delle indagini solo per l'urologa, tra coloro che erano finiti nel registro delle notizie di reato, la procura ha chiesto di procedere. Ma il gip ha rimandato gli atti al Pm che ha disposto una seconda perizia affidata ad altro esperto. E nel calderone sono finiti poi altri medici . (Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia)