Pubblicato il: 13/07/2017 alle 09:35
E' stato un dipendente infedele. Che si sarebbe piegato, senza troppi sforzi, a due assistenti di polizia penitenziaria pure loro finiti nella bufera. Questa, tra le righe del verdetto emesso, è l'etichetta che i magistrati avrebbero apposto all'ex dipendente della società che fornisce alimenti ai detenuti del carcere Malaspina. Trascinato in giudizio perché – secondo la tesi accusatoria che ha retto nel primo passaggio in aula – avrebbe consentito a un paio di agenti penitenziari, rendendosi loro complice, di praticare tagli sulla spesa destinata ai detenuti. E adesso gli è costata la colpevolezza. Quella piovuta sul capo di Angelo Fausciana (assistito dagli avvocati Massimiliano Bellini e Walter Tesauro) ex dipendente della società "Ias Morgante" di Trieste che fornisce alimenti ai detenuti della casa circondariale di via Messina. E' di due anni, con il beneficio della pena sospesa, la condanna che gli è stata comminata, per l'ipotesi di peculato, dal Tribunale presieduto da Antonio Napoli (a latere Marco Sabella e Marco Milazzo), a fronte di una richiesta di 3 anni avanzata dal pubblico ministero Irene Frudà. Era finito nella bufera assieme a due assistenti di polizia penitenziaria, quelli nei confronti dei quali avrebbe assunto, secondo l'accusa, un atteggiamento di forte compiacenza.Gli stessi che poi hanno preferito chiudere il conto con la giustizia patteggiando la pena a 11 mesi ciascuno. E' nell'estate di cinque anni fa che la vicenda è venuta a galla. Sull'onda del chiacchiericcio, sempre più insistente, tra i corridoi della casa circondariale. Lì "radio carcere" mormorava di strani movimenti di alimenti destinati ai reclusi. Con cibi che sarebbero finiti nelle mani di qualcuno che lavorava lì dentro. Quando quel soffio s'è fatto venticello sono scattate le indagini, con tanto di microcamera nascosta nella zona dello spaccio del penitenziario. Così sono partiti i primi controlli che risalirebbero all'inizio del 2012. Perché poi tra marzo e aprile successivi è scattata l'inchiesta che ha dato vita ai tre provvedimenti restrittivi con il beneficio degli arresti domiciliari. Sono stati gli stessi agenti Polpen, con i loro colleghi del nucleo investigativo centrale di Palermo, a curare la fase investigativa. E in quei giorni sarebbero stati filmati strani movimenti, con sacchi di plastica nera che sarebbero usciti dal carcere per essere poi caricati nelle auto dei due agenti penitenziari parcheggiati nel cortile della stessa struttura. (Vincenzo Falci, l'articolo integrale sul Giornale di Sicilia del 13/07/2017)