Cella troppo piccola, scatta la scarcerazione. Per quasi tre anni è stato detenuto in uno spazio medio a sua disposizione, considerati gli altri reclusi, di appena 2,73 metri quadrati. E così il magistrato di sorveglianza di Agrigento, Walter Carlisi, ha liberato in anticipo e ordinato un risarcimento di 7.208 euro nei confronti di Domenico Seddio, accusato di mafia. Ritenendo, scrive il Giornale di Sicilia, che il suo trattamento carcerario sia stato “degradante e contrario ai principi costituzionali”.
Seddio, 44 anni, avrebbe dovuto finire di scontare nelle prossime settimane la seconda condanna per associazione mafiosa, inflitta nell’ambito della maxi inchiesta Dna che ha fatto luce sull’ennesimo tentativo di riorganizzazione mafiosa delle cosche nel versante empedoclino. La data del fine pena era prevista per il 17 ottobre ma il magistrato, in accoglimento del reclamo proposto dall’avvocato Vita Maria Mazza, ha disposto la scarcerazione immediata e non solo: per il restante periodo di detenzione al carcere di contrada Petrusa, Seddio dovrà essere risarcito con 8 euro al giorno che moltiplicati per 901 fanno 7.208 euro.
“Dai calcoli elaborati – scrive il magistrato – risulta che Seddio, durante il periodo di detenzione, sia stato collocato per 1092 giorni in uno spazio pro capite, al netto di bagno, suppellettili e letto di meno di tre metri quadrati”. Carlisi sottolinea che nelle celle in cui è stato detenuto “era comunque presente la finestra che garantiva l’accesso di aria e luce naturale ma risulta che in molte celle sono presenti infiltrazioni di acqua provenienti dal tetto o da perdite dell’ impianto idrico che comportavano ripercussioni negative dal punto di vista igienico e sanitario”.
Nell’ordinanza si aggiunge anche che le docce sono quasi tutte carenti di manutenzione, tali da far ritenere concreto il pericolo di insorgenza di malattie.