La denuncia è fondamentale nella lotta al racket, così come è fondamentale fronteggiare il fenomeno insieme agli altri e non in totale solitudine come avvenne per due commercianti siciliani, Libero Grassi e Gaetano Giordano che vennero uccisi perché osarono ribellarsi al pizzo. E’ quanto emerso oggi nel corso di un convegno svoltosi a Gela per ricordare il 25esimo anniversario dalla morte di Gaetano Giordano, un commerciante ammazzato da Cosa nostra a Gela per non essersi piegato al racket delle estorsioni. Presenti – fra gli altri – il capo della polizia, Franco Gabrielli ma anche molti imprenditori e commercianti che hanno scelto di percorrere la strada della denuncia. Senza paura, qualcuno di loro, ha raccontato la propria esperienza, la propria schiavitù e poi la liberazione. Fondamentale nel cammino è stato il supporto dall’associazione antiracket di Gela, intitolata proprio a Giordano e presieduta da Renzo Caponetti. In prima fila la vedova del commerciante ucciso, Franca Evangelista con i figli Tiziana e Massimo, che nell’agguato in cui venne ucciso il padre rimase ferito. Oggi l’antiracket di Gela è diventato un modello per tutti. Conta 180 iscritti. Da quando l’associazione è stata costituita, nel 2005, sono state portate a termine 160 operazioni di polizia e arrestati 700 estorsori.