Pubblicato il: 24/11/2017 alle 21:16
La gestione dei beni confiscati alla mafia era diventata una grande girandola di affari. A capo di un «sistema» che distribuiva soldi, favori e regali c'era l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto.Indagata e sospesa dal servizio, quando lo scandalo è scoppiato due anni fa, è stata ora rinviata a giudizio con gli uomini del suo «cerchio magico": amministratori giudiziari, professionisti, altri magistrati, parenti stretti. In quindici si ritroveranno in aula il 22 gennaio 2018 per rispondere, a vario titolo, di un’ottantina di capi di imputazione e di reati che vanno dalla corruzione al falso, dall’abuso d’ufficio alla truffa aggravata.
Il gip Marcello Testaquadra ha in sostanza accolto e condiviso le richieste della procura nissena diretta da Amedeo Bertone. L’inchiesta avrebbe confermato l’impianto dell’accusa che attribuisce all’ex presidente Saguto una gestione disinvolta dei patrimoni di Cosa nostra fatta di assegnazioni di incarichi a un ristretto gruppo di fedelissimi, tra cui spicca la figura dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara (giudicato a parte avendo scelto il rito immediato) destinatario di decine di incarichi come amministratore giudiziario.