Pubblicato il: 27/12/2017 alle 21:07
La nave Aquarius, approderà domani mattina a Pozzallo, con a bordo 373 profughi salvati in acque internazionali al largo della Libia nella notte tra Natale e Santo Stefano.
Un giovane eritreo di 28 anni ha raccontato ai soccorritori della nave Aquarius che l’imbarcazione a bordo della quale si trovava aveva lasciato la costa libica il giorno di Natale: "Noi eritrei il 25 dicembre lo chiamiamo "Natale italiano" dal tempo in cui l'Italia aveva colonizzato l'Eritrea. Forse per questo siamo stati fortunati e siamo stati soccorsi" ha aggiunto.
I trasferimenti si sono svolti rapidamente e senza incidenti, nonostante le cattive condizioni meteomarine: “Non ci aspettavamo soccorsi, in particolar modo perché il vento aveva iniziato a salire la sera prima e sembrava troppo pericoloso per un gommone insicuro tentare questo viaggio già estremamente pericoloso. Ma, in realtà, le persone sono state spinte in mare il giorno di Natale e se queste persone erano disposte a correre questo rischio, alcune con le loro famiglie, è certamente perché non avevano altra alternativa che scappare via mare" ha detto Klaus Merkle, SAR (Search and Rescue) Coordinator di SOS MEDITERRANEE a bordo della nave Aquarius
La nave Aquarius sta ora facendo rotta verso nord in direzione di Pozzallo su indicazione del MRCC di Roma, mentre le condizioni metereologiche sul Mediterraneo peggiorano ancora: da oggi e fino a venerdì si prevedono infatti forti venti e onde alte 4-5 metri in zona SAR.
Tra i 373 profughi ora a bordo della nave Aquarius vi sono diversi nuclei familiari con bambini e 32 minori non accompagnati, tra i quali anche due ragazzi di 14 e 13 anni che viaggiano da soli.
14 persone con ustioni dovute alla fuoriuscita di carburante sulle imbarcazioni ed una persona con difficoltà di deambulazione, trasportata in barella nella clinica di bordo, sono state affidate alle cure dei medici di Medici senza Frontiere.
Ai soccorritori dicono che è meglio annegare che stare nelle carceri libiche. “Rischiamo la vita, ma è meglio annegare che essere arrestato dalla Marina libica. È come se stessimo vivendo di nuovo la schiavitù. I neri sono i loro schiavi, questo è quello che pensano in Libia oggi”.