Pubblicato il: 04/01/2018 alle 15:20
«Ciao a tutti, per chi non mi conosce, sono Pasquale Carlo Tornatore, neo assessore (da 34 giorni) alla cultura, scuola, università e partecipazione del Comune di Caltanissetta, e insieme a Giovanni Guarino, anche lui neo assessore da 34 giorni all’innovazione e sviluppo, ma anche alle politiche giovanili del Comune di Caltanissetta, abbiamo pensato, scusandoci per il pochissimo tempo di preavviso, di organizzare un incontro per martedì 2 gennaio alle ore 16 nella Sala Gialla del Comune di Caltanissetta al 2° piano, con dei giovani della nostra città, che stanno studiando, o hanno studiato, o si sono laureati, o stanno lavorando fuori da Caltanissetta, in Italia e all’estero, che hanno la voglia di raccontare la loro esperienza formativa e lavorativa e confrontarsi con altri giovani che stanno studiando, o lavorando e operando nella nostra città di Caltanissetta, e tutti insieme confrontarsi su quel che eventualmente ognuno di loro singolarmente, e insieme ad altri, vuol fare per far rinascere socialmente, culturalmente ed economicamente Caltanissetta ed il suo territorio. E’ semplicemente un primo incontro, dal quale capiremo insieme se possiamo proseguire un percorso di condivisione di idee e progetti da realizzare nel prossimo futuro, per far sì che ogni giovane di questa città decida liberamente di andare via e vivere e lavorare nel mondo, ritornando quando vuole nella propria terra, o di rimanere lavorando qui nella propria città, vivendo quando vuole il mondo. A questo incontro stiamo invitando i giovani dei quali conosciamo un po’ i loro percorsi formativi, lavorativi e di vita, ma invitiamo tutti i giovani, studenti medi, universitari, lavoratori, disoccupati della città che vogliono partecipare.»
Questo ha scritto l'assessore Tornatore, qualche giorno fa, su una pagina Facebook finalizzata a rendere noto l’incontro/confronto aperto del 2 gennaio 2018. E questo ha scritto il sindaco Giovanni Ruvolo, il giorno dopo l’evento. Evento al quale – diciamolo – egli non ha potuto partecipare.
«Studenti universitari e professionisti, ricercatori, imprenditori e artisti. Giovani che operano in Italia, in Europa e nel mondo. Insieme a loro coetanei, tornati a vivere a Caltanissetta dopo aver acquisito un bagaglio di esperienze umane e culturali, intendono contribuire con idee e progetti alla crescita della propria città. Circa cinquanta ragazze e ragazzi hanno partecipato all'incontro organizzato dall'Amministrazione ieri pomeriggio nella Sala Gialla di Palazzo del Carmine. Nonostante lo scarso preavviso di cui ci siamo scusati (ma era necessario organizzarlo in un giorno a ridosso delle Feste per consentire l'incontro tra chi opera in città e chi poi dovrà ripartire) la partecipazione è stata ampia, qualificata e appassionata. Una sorta di brainstorming esteso alle migliori energie della città. Che non è soltanto quella delimitata dai confini del tessuto urbano ma può vivere nell'elaborazione e nei progetti di questi giovani che vogliono partecipare nonostante studino e lavorino fuori, spesso in settori ad alto valore tecnologico, culturale e formativo. Tra i partecipanti ci sono professori universitari, esperti in nuove tecnologie, musicisti, professionisti, manager e imprenditori. Questo primo incontro segna la creazione di un gruppo da cui potranno nascere successivamente aree tematiche tra cui “tecnologia e innovazione”, “arte e creatività”, “salute e medicina”, “imprenditoria e turismo”, “finanza al servizio del territorio”. E' un percorso aperto, a cui altri si potranno liberamente aggregare, per valorizzare le eccellenze del territorio e le risorse umane, nella consapevolezza che lo sviluppo passa anche dalla visione moderna che solo i giovani possono avere. #Caltabellezza»
Il primo, inevitabile interrogativo che mi sono posto, decidendo di partecipare (… malgrado tutto) all’incontro/confronto aperto “I giovani e la loro città, Caltanissetta”, che ha avuto luogo martedì scorso presso la Sala Gialla di Palazzo del Carmine, è questo: quando si diventa anziani? Esiste un'età stabilita? Ci sono dei fattori da considerare? Di solito una persona viene considerata anziana quando supera i 65 anni di età. Negli ultimi tempi però, con l'allungamento della speranza di vita e il cambiamento di alcuni importanti fattori fisici, culturali, psicologici e sociali (basta pensare ai progressi della medicina o alla consapevolezza rispetto agli stili di vita), questa soglia sembra destinata ad essere spostata più in avanti. Le persone over 65 possono essere suddivise in due categorie: i giovani anziani (quelli che hanno un'età compresa tra i 65 e i 74 anni) e i grandi anziani. La maggioranza dei giovani anziani dichiara di non sentirsi vecchio ed è impegnata a rivestire il ruolo di generazione sandwich, dando assistenza sia ai grandi anziani (che potrebbero essere anche i loro genitori) sia ai più giovani (figli o nipoti), che sempre più spesso vivono con loro e che hanno meno solidità economica. Si potrebbe quindi affermare che l'età in cui si diventa anziani può essere spostata a 75 anni, anche se più che di età anagrafica si potrebbe parlare dell'attraversamento di alcune fasi. Le tappe sono state individuate in: l'uscita dei figli da casa (che di solito avviene quando si ha 50/60 anni), l'uscita dal mondo del lavoro (intorno ai 65 anni), la nascita del primo nipote, la perdita del coniuge e, infine, il peggioramento della salute. Pertanto, a che età una persona diventa anziana? È ovvio che questo schema non può essere applicato a tutte le persone anziane (chi nell'arco della sua vita non si è creato una famiglia ne sarebbe escluso), quindi la domanda “a che età una persona è considerata anziana?” non può avere che un'unica risposta: dipende dalle persone. E dipende da tanti fattori come il luogo e il modo in cui si vive, da quello che si fa e magari anche dalla cosiddetta “fortuna”.
Del messaggio dell’assessore Tornatore ma anche del commento del sindaco Ruvolo colpisce l’uso costante, ripetuto e ossessivo del temine “giovane”. Viene persino il legittimo sospetto che essi siano ossessionati dalla vecchiaia. E d’altronde, proprio giovani non sono, Ruvolo e Tornatore (e Guarino). Ma veniamo alla riunione – che è meglio. Cosa mi ha colpito di più? Sicuramente il livello culturale di questi “cittadini del mondo” mi ha colpito. I loro curricula mi hanno colpito. Ma di questo ha già detto e scritto il sindaco Ruvolo. Mi ha colpito la nostalgia, manifestata da tanti, nei confronti della propria terra, della propria città. Così come mi ha colpito, di alcuni, la lucida determinazione a realizzare i propri sogni, le proprie aspirazione fuori dagli angusti e asfittici confini locali (definiti “Caltatristezza”). Così come mi ha colpito, di altri, la volontà (insana?) di ritornare, di lavorare e realizzare i propri sogni, le proprie aspirazioni professionali propria qui. A Caltanissetta. Che io, da anni, chiamo “CalmaNissetta”, intendendo con questo neologismo l’insieme dei fattori negativi che hanno bloccato la crescita (il progresso) di questa città. Vogliamo ricordarli questi fattori negativi? Anche perché, nella riunione di martedì 2 gennaio, in Sala Gialla, i fattori negativi sono stati banditi, rimossi dalla discussione.
Li ricordo, sinteticamente, allargando il discorso all’intera, nostra Isola e citando ancora una volta Leonardo Sciascia: «La Sicilia è difficile. Lacera persone e sentimenti e invade chi, per nascita o per scelta, si lega a lei. La Sicilia è difficile. La sua arretratezza sociale ed economica è una lunga distanza geografica e mentale che la spinge lontano dall’Europa. La Sicilia è crudele. Le atrocità della mafia sono un marchio d’orrore che tutti i siciliani si portano appresso come il numero impresso sulla carne degli ebrei dei lager. Non si può cancellare. La Sicilia è bellissima e dura col suo sole titanico e tirannico, la sua luce violenta, il suo mare che dipinge e colora l’aria e la rinfresca. Bellissima e morbida nelle sue lente sere odorose, ridondanti di brezze lievi e vestiti leggeri e di chiacchiere indolenti, di luci lungo le coste, di cibi sensuali. La Sicilia è scomoda, ma viverla è possibile con orgoglio antico e altero. C’è chi crede che questa terra possa crescere e diventare moderna, civile ed economicamente evoluta senza perdere però le sue suggestioni, il suo fascino, la sua cultura. C’è chi lavora perché ciò accada.
…dedicato a loro. Ai siciliani che crescono.»
Li ricordo, anche, questi fattori negativi insieme a ciò che bisognerebbe fare, con riferimento allo specifico contesto nisseno. Anni, decenni perduti. Risorse perdute (umane e ambientali). Occasioni perdute. Inesorabilmente. Istituzioni inefficienti, inadeguate e spesso intrise di cultura paramafiosa. Di certo c’è tanta strada da percorrere affinché si inverta la tendenza che ha fatto e continua a fare di Caltanissetta un “bene” (per pochi) su cui speculare, lucrare, e si affermi un’autentica coscienza del bene comune. Per realizzare questo cambiamento occorrerebbe una borghesia sana, capace di spendersi, di impegnarsi pubblicamente. Occorrerebbe una nuova classe dirigente. Occorrerebbero politici e amministratori appassionati e competenti. Lungimiranti. Avremmo bisogno di giovani preparati e motivati. Finalmente valorizzati. Bisognerebbe immaginare, sviluppare e applicare nuovi modelli. Una città quale bene comune richiede una “visione nuova”, quella che gran parte del pensiero contemporaneo – ecologico, sistemico, organicistico, olistico – auspica, promuove. Viviamo in una tale stretta interdipendenza tra persone, cose, spazi, risorse, ambienti, che risulta inconcepibile qualsiasi idea di separazione tra tutti i sistemi a cui apparteniamo. Non ultimo la città. Il nostro benessere personale, la nostra sopravvivenza è fortemente legata al benessere del territorio in cui abitiamo. In definitiva la città nel suo complesso non è “altro” da noi. Per questo sono necessarie responsabilità e azione, partecipazione collettiva, regole da rispettare e da far rispettare, competenza, progettualità. Sostenibilità. Sensibilità e passione per la bellezza. E’ troppo? No: la globalizzazione, la competizione tra le diverse aree del Paese e della Regione, la persistente crisi, le emigrazioni e le immigrazioni ci costringono a non accontentarci dell’esistente. Ci costringono ad andare avanti: all’insegna di nuove qualità, di nuovi standard, di nuovi orizzonti. Di nuove sintesi. Creativamente, rispettando e valorizzando la nostra storia. Valorizzando, reinterpretando il patrimonio culturale che abbiamo ereditato. Ecco: tutto questo contando, puntando soprattutto sui siciliani che crescono. Sui nisseni che crescono. Qualunque sia la loro età anagrafica.
Insomma: io ci sono andato all'incontro/confronto aperto di martedì 2 gennaio 2018, in Sala Gialla, soprattutto per ascoltare e osservare questi giovani (e meno giovani) “cervelli in fuga” dalla città. E adesso ne scrivo. D’altronde scrivere è una delle poche attività certe che ci possiamo permettere, in mancanza di meglio. O di peggio. Qui, a Caltanissetta, in Sicilia. Cercando quantomeno di lenire quel doloroso senso di “nostalgia del futuro” che da tempo ormai ci attraversa. In attesa della rivoluzione? In attesa di “Caltabellezza”?