"Sistematicamente informava taluni esponenti di vertice del sodalzio mafioso, o in caso di detenzione degli stessi, i congiunti, circa le attività poste in essere nell'ambito del procedimento in questione o di altri procedimenti". Sono state le intercettazioni a "incastrare" il maresciallo dei carabinieri Domenico Terenzio, "numero 3" della caserma dei carabinieri di San Cataldo. Gli accertamenti eseguiti hanno così permesso di cristallizzare nei confronti del carabiniere indagato, nell'ambito dell'operazione "Pandora", oltre alla rilevazione di segreti d’ufficio e di falso anche la più grave imputazione di concorso esterno in associazione mafiosa. Reati per i quali la Dda della Procura di Caltanissetta ha chiesto ed ottenuto dal Gip l’emissione della misura cautelare della custodia in carcere. "Le intercettazioni – ha spiegato il procuratore Amedeo Bertone in conferenza stampa – hanno evidenziato un modus operandi del maresciallo che rivelava segreti d'ufficio. Non solo, egli si rendeva anche autore di falsi che riguardavano il suo straordinario. Quest'ultimo veniva effettuato non per svolgere il suo lavoro ma per svolgere attività proprie".