Rivelava notizie agli affiliati di Cosa Nostra e non solo. Sarebbero 16 in tutto gli episodi con reati specifici contestati al maresciallo dei carabinieri Domenico Terenzio arrestato nell'ambito dell'operazione "Pandora" mentre si trovava a Benevento in vacanza con la famiglia. Il sottufficiale, difeso dall'avvocato Boris Pastorello, è stato incastrato da mesi e mesi di intercettazioni ambientali e telefoniche da parte dei suoi colleghi che vanno dal dicembre 2016 al marzo 2017. Non solo Terenzio avrebbe informato l'imprenditore Liborio Lipari che era in corso un'attività di videoripresa da parte della Procura nei locali adibiti a raccolta differenziata del Comune di San Cataldo, ma il maresciallo avrebbe anche convocato in caserma diverse donne sempre per informarle su eventuali indagini. Una di queste era Giusy Liurno (convivente di Vincenzo Scalzo, contiguo al clandi Cosa Nostra), l'altra Marika Stivaletta (figlia della Liurno). Le due sarebbero state informate da Terenzio di un'attività di videoripresa nell'ovile di Scalzo e delle due donne invitate anche, secondo quanto emerge dall'ordinanza, a verificare che all'interno delle loro auto non fossero state installate microspie. Anche Raimondo Scalzo sarebbe stato informato di un indagine a suo carico avviata dai carabinieri. Questi e altri episodi hanno fatto sì che il maresciallo Terenzio, attualmente detenuto in carcere, venisse arrestato con l'accusa di rivelazione di segreti d'ufficio e quella, ancora più grave, di concorso esterno in associazione mafiosa. Il maresciallo, sentito ieri dal giudice, si è avvalso della facoltà di non rispondere.