E' stata una cerimonia essenziale e carica di messaggi quella per la commemorazione del 26° anniversario della strage di via D'Amelio in cui il 19 luglio 1992 morirono a Palermo il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina e Vincenzo Li Muli. La cerimonia è iniziata alle 9 del mattino in piazza Falcone e Borsellino davanti il Palazzo di giustizia ed è stata organizzata da Comune di Caltanissetta, Prefettura e sezione distrettuale dell'Associazione nazionale magistrati con il patrocinio del “Centro studi Paolo Borsellino”. Il sindaco Giovanni Ruvolo, il Prefetto, Maria Teresa Cucinotta e il presidente dell'Anm nissena, Pasquale Pacifico, insieme al Presidente della corte d'appello, Maria Grazia Vagliasindi e al Procuratore generale, Lia Sava, hanno deposto una corona d'alloro davanti al monumento dedicato a Falcone e Borsellino. Sono seguiti gli interventi e la lettura di un messaggio inviato da Rita Borsellino, presidente del Centro Studi intitolato al fratello, che è stato letto dall'assessore alla Creatività e cultura, Pasquale Tornatore.
“È un momento sempre toccante che da 26 anni continua a provocare forti emozioni”, ha detto il Prefetto Cucinotta. “Paolo Borsellino aveva lo sguardo consapevole di chi pensava che sarebbe morto, ma con la volontà di continuare. Proprio questa sua tenacia e questa volontà di lavorare fino all’ultimo, senza mai avere un tentennamento, è il messaggio più importante. Ognuno di noi – ha concluso il prefetto – il proprio omaggio deve renderlo con l’impegno nel proprio lavoro, non arretrando e avendo come obiettivo il bene comune”.
Dopo il prefetto è intervenuto il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Pasquale Pacifico. “L’occasione della commemorazione di Paolo Borsellino – ha detto – da qualche anno sta diventando occasione di improbabili polemiche mediatiche da parte di chi non può rinunciare anche a questa occasione per ritagliarsi visibilità. Ma noi siamo magistrati e possiamo rispondere solo in un modo: parlando attraverso i provvedimenti giudiziari. E gli uffici nisseni, fuori di retorica, hanno scelto l'antimafia dei fatti non dei proclami”.
“Gli uffici giudiziari nisseni – ha proseguito Pacifico – hanno operato in maniera incessante nella ricerca della verità, nello smascherare i falsi pentiti anche quando sarebbe stato più comodo appiattirsi sulle conclusioni di altri e più importanti uffici giudiziari. Lo dico con orgoglio, ancora oggi che recentemente è intervenuto il deposito della sentenza del processo Borsellino quater: i magistrati di questo distretto hanno avuto coraggio a scrivere che dopo la strage ci fu una sistematica attività di depistaggio rispetto alla verità. Questa è l’antimafia che ci piace, di magistrati che si esprimono non a parole ma con atti giudiziari”.
Una posizione in linea con quella espressa dal Procuratore generale della corte d'appello, Lia Sava.
“Il metodo investigativo si è tradotto in provvedimenti giudiziari e confermo che sarà anche il metodo del futuro, quello dei fatti e del silenzio perché intendiamo sottrarci alle polemiche e ricordiamo a tutti che il clamore eccessivo, la confusione e la rabbia sono nemiche della verità che invece richiede pacatezza e riflessione. Borsellino e Falcone ci hanno insegnato proprio questo”.
Dopo il Procuratore generale è intervenuta la presidente della Corte d'appello nissena, Mariagrazia Vagliasindi. “Ricordiamo oggi la figura di Paolo Borsellino con parsimonia e semplicità, dando spazio alle cose essenziali. Come diceva Rosa Luxemburg – ha proseguito il magistrato – con le parole si possono fare gesti rivoluzionari, si può invitare al cambiamento. A questo servono i discorsi con cui ricordiamo, ogni anno e in tutte le sedi, Falcone e Borsellino”. Quindi il presidente della Corte ha elencato quelle che per lei sono le parole essenziali nella giornata di oggi.
“Terrore, un grande dolore irreversibile che non ha consolazione per chi lo ha patito. Vergogna, che continuiamo a provare anche per chi non ha avuto nemmeno un cedimento di fronte alla terribile azione che ha commesso. Scelta, ovvero la scelta di rinunciare con coraggio a tutto ciò che non ha a che fare con il rispetto della vita umana”.
A concludere gli interventi il sindaco di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo. “E' una giornata che non rappresenta soltanto il momento del lutto, ancora oggi così forte e presente, ma anche un momento in cui insieme coltiviamo la speranza. Questo dev’essere il senso del sacrificio di tutte le vittime della mafia e delle loro famiglie”.
“Il lavoro corale delle istituzioni di questi anni, è servito a rappresentare alle giovani generazioni che lo Stato intende perseguire il bene comune attraverso il rispetto delle regole. Il lavoro è ancora lungo – ha detto il sindaco – perché questa cultura dell’interesse particolare non è sparita. Tanto che alcuni continuano a tutelare interessi particolari anche utilizzando la parola legalità. Ancora oggi si ricorre a padrini e raccomandazioni. Ma la speranza è un lavoro coraggioso, quello che le città e le comunità vivono attorno a regole condivise”.