Pubblicato il: 25/07/2018 alle 11:06
Processo per dirigenti del Comune, imprenditori e professionisti, finiti sotto inchiesta per una frana. Lo ha chiesto ieri la procura al termine delle sue conclusioni nei confronti di nove imputati tirati in ballo per la frana di via Guastaferro. Area che, peraltro, un anno e mezzo fa – era il febbraio del 2017 – è finita al centro di un sequestro giudiziario, provvedimento che allora è stato ratificato dal gip David Salvucci sull’onda dei continui controlli effettuati da agenti della sezione ambiente e sanità della procura e dai vigili del fuoco. E una parte di quell’area, che dà accesso allo stabile, è attualmente sotto sequestro per garantire la sicurezza pubblica.
La richiesta di rinvio a giudizio, adesso, pende sull’attuale dirigente della direzione urbanistica del Comune, il cinquantacinquenne Giuseppe Tomasella, sulll’ex dirigente dello stesso settore, il sessantaseienne Armando Amico, il settantacinquenne Giuseppe Colajanni sempre dirigente del comparto urbanistico comunale, il sessantasettenne Alfonsino Ciringione tecnico del Comune, la sessantenne Giuseppa Patrizia Lacagnina a capo del servizio di protezione civile, i direttori dei lavori Calogero e Giovanna Marchese padre e figlia rispettivamente di 67 e 39 anni, il sessantaduenne Stefano Antonio Alletto collaudatore dei lavori e l’imprenditore quarantottenne Federico Fabio Turchio alla guida della «Turchio costruzioni srl» che ha effettuato i lavori poi finiti al centro della bufera giudiziaria.
Le accuse a carico dei nove (assistiti dagli avvocati Giuseppe Panepinto, Raffaele Palermo, Giacomo Vitello, Michele Micalizzi, Walter Tesauro, Giuseppe Ferraro, Umberto Ilardo, Giovanni Salsano e Graziella Sferrazza) a vario titolo e in concorso, vanno dal disastro colposo, all’omissione di lavori di messa in sicurezza di edifici o costruzioni e, ancora, omessa denuncia di variante dei lavori, esecuzione di lavori non autorizzati dal Genio civile, omissione di atti d’ufficio e falsità ideologica commessa pure in atti pubblici.
Questo il nutrito pacchetto di contestazioni che ieri ha indotto il pubblico ministero Davide Spina a chiedere al gup Maria Carmela Giannazzo l’apertura di un procedimento a carico degli imputati. Ritenendo che ognuno di essi, in funzione del ruolo professionale rivestito, non sia stato esente da responsabilità. Anzi.
Proposte che sono state caldeggiate e ribadite anche dalle parti civili (assistite dall’avvocato Giacomo Butera), ossia proprietari di una villa già esistente a fianco del palazzo ed a monte dell’area interessata dallo smottamento, zona di cui gli stessi erano possessori.
E, sempre ieri, le prime repliche da parte della difesa. In particolare dell’avvocato Panepinto per Ciringione e dell’avvocato Tesauro per i due Marchese. I legali, com’è ovvio che sia secondo il naturale gioco delle parti, hanno sollecitato il proscioglimento dei rispettivi assistiti, ritenendo che siano estranei alla vicenda giudiziaria.
I fatti in questione sono racchiusi nell’arco temporale che va dal 5 dicembre 2011 fino al momento in cui l’indagine è venuta a galla.
Sullo sfondo della vicenda v’è il sequestro preventivo dell’area in questione. La procura, sulla base dei monitoraggi, ha poi rilevato tutta una serie di presunte violazioni ed omissioni di opere che sono state realizzate. Questo in relazione ai costruttori. Mentre, sempre per i magistrati, i funzionari del Comune non avrebbero vigilato sull’esecuzione delle ordinanze e, peraltro, in una circostanza avrebbero pure declinato l’adempimento di un atto d’ufficio ritenuto urgente per questioni legate alla sicurezza. Ma non è tutto. Perché lo stesso ufficio tecnico avrebbe attestato il falso attraverso una relazione redatta per il rilascio del certificato di abitabilità alla «Costruzioni Turchio srl». Quanto al collaudatore, dal canto proprio, sempre secondo l’accusa avrebbe attestato che tutte le strutture erano state eseguite in rispondenza ai calcoli, ma per gli inquirenti emergerebbero discordanze. (Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia)