Pubblicato il: 09/01/2019 alle 19:47
Antonello Montante, nell’istanza di remissione di 62 pagine presentata dai suoi avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto, ripercorre tutto il suo cammino da paladino dell’antimafia e si sofferma sui rapporti con i magistrati nisseni. Il primo ad aver condiviso con lui la battaglia antimafia sarebbe stato l’allora procuratore Francesco Messineo. Nel 2008 alla procura di Caltanissetta, si insediò Sergio Lari. “In particolare – si legge nell’istanza – ad ogni cena, incontro o conviviale in casa Montante, il dott. Sergio Lari è spesso presente. L’assiduità della frequentazione ha inevitabilmente consentito l’instaurazione di rapporti anche con i più stretti collaboratori del Procuratore ed, in particolare, con i procuratori aggiunti Lia Sava, oggi procuratore generale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta, e Domenico Gozzo, nonché con il dott. Luigi Leghissa, attualmente sostituto procuratore a Caltanissetta, nonché nell’ambito istituzionale anche con gli altri procuratori aggiunti dell’epoca, Amedeo Bertone, oggi procuratore della Repubblica di Caltanissetta e titolare dell’accusa contro Montante e Nicolò Marino, oggi costituito parte civile nel medesimo procedimento contro Montante. Analoghi e assidui rapporti di tipo personale oltre che istituzionale sono stati intrattenuti con la quasi totalità dei magistrati nisseni. Con Francesco Ingargiola prima e Salvatore Cardinale dopo, con Antonio Liberto Porracciolo”. La lista in realtà è lunga perché Montante cita anche altri magistrati della Procura di Gela. Tutti gli atti sequestrati nella villa dell’imprenditore, contenenti documenti, fotografie e articoli di giornali, sono già stati trasmessi dalla Procura di Caltanissetta alla Procura di Catania. Secondo Montante e i suoi stessi legali, “i considerevoli e reiterati rapporti di amicizia e frequentazioni intrattenuti con i magistrati nisseni, molti dei quali attualmente in carica” potrebbero influenzare la trattazione del processo “in merito alla valutazione delle condotte” contestate a Montante o “ancor di più ad assumere atteggiamenti di evidente dissociazione dall’operato dei propri colleghi”. Montante parla anche dei due principali accusatori, Alfonso Cicero e Marco Venturi, dei suoi rapporti anche con i massimi vertici nazionali, dell’inchiesta di Report e dell’articolo di Attilio Bolzoni pubblicato su Repubblica il 9 febbraio 2015 e dal quale tutto è cominciato. Montante conclude l’istanza sostenendo che “la vicenda giudiziaria in esame ha assunto proporzioni sicuramente eccentriche rispetto alla realtà dei datti contestati, di cui peraltro è stata messa in luce una inconsistenza talmente rilevante da rivelarsi un autentico teorema. Queste proporzioni, segnalate da un martellamento mediatico incredibile e non giustificato, è figlia di una operazione politica molto probabilmente di matrice mafiosa, voluta da Cosa nostra per la straordinaria efficienza che il contrasto alle infiltrazioni e al ricatto mafioso aveva assunto attraverso l’opera dello scrivente (ndr Montante) confortato e sostenuto dalla magistratura ed in particolare da quella nissena perché da lì tutto è cominciato nel 2005”.